Mosca e Pechino alle prese con il calo delle nascite
di Vladimir Rozanskij

Russi e cinesi hanno lanciato piani di aiuto alle famiglie per invertire il trend demografico. La guerra in Ucraina ha acuito il problema dello spopolamento e dell’invecchiamento in Russia. Sussidi cinesi ritenuti insufficienti dagli esperti. Il Cremlino a corto di fondi.


Mosca (AsiaNews) – Mentre le statistiche indicano che l’India è prossima a diventare il Paese più popoloso del mondo, Cina e Russia cercano di favorire la natalità. Subito dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014, l’aumento di popolazione calcolato grazie ai tre milioni di abitanti della penisola aveva portato alla riduzione dei sussidi per il “capitale materno”, ma in realtà il programma non è mai stato veramente ridotto. L’anno di guerra, pur con l’annessione fittizia di altre quattro regioni ucraine, ha soltanto acuito il problema dello spopolamento e dell’invecchiamento in Russia.

Anche in Cina è attivo un piano di sostegno alla natalità. A differenza della Russia, dove i sussidi sono per lo più destinati a incoraggiare le nascite del primo figlio, in Cina le somme vengono aumentate anche per il secondo e i figli successivi.

A Shenzhen (Guandong), una delle grandi metropoli cinesi con una popolazione che supera i 17 milioni, le autorità locali tentano di ampliare le misure di sostegno alle famiglie con figli. La Commissione sanitaria locale propone che i sussidi familiari possano cumularsi nel giro di tre anni fino a 19mila yuan (poco meno di 3mila dollari). Verranno concessi assegni per la gravidanza e il parto nella misura di 3mila yuan per le famiglie dove viene al mondo il primo figlio, a condizione di registrare la residenza in città. Queste famiglie potranno ottenere 1.500 yuan di aiuti per la cura del bambino per tre anni.

Misure simili sono allo studio in diverse città cinesi, dopo le notizie che riportano come nel 2022 la Cina abbia perso 850mila persone. Diminuisce soprattutto il numero delle donne in età riproduttiva, tra i 15 e i 49 anni, calato nell’ultimo anno di oltre 4 milioni. Le donne in generale sono meno degli uomini, 690 milioni contro 722. Questo è il risultato di oltre 40 anni di politica “del figlio unico”, introdotta nel 1979, che si applicava a tutto il Paese, tranne qualche eccezione per alcune regioni e gruppi etnici, riducendo di molto la popolazione in età da lavoro.

Solo nel 2015 il governo di Pechino ha permesso il secondo figlio, il che ha portato a un record di crescita nell’anno successivo, quando sono nati quasi 18 milioni di bambini. La crescita non si è però confermata negli anni successivi, tanto da permettere anche il terzo figlio nel 2021. Le politiche in favore della natalità non suscitano peraltro grandi entusiasmi, guardando anche a simili pratiche nei Paesi occidentali; non bastano i sussidi e l’allungamento delle ferie, affermano gli esperti, come il professor Sun Tsjuanchen della Scuola di sviluppo sociale di Shandong.

Il demografo indipendente russo Aleksej Rakša, già collaboratore dell’Istituto di statistica Rosstat, ritiene insufficienti i sussidi cinesi: “Shenzhen può essere paragonata a Mosca, e nel confronto le famiglie cinesi ricevono molto meno di quelle russe”. Senza contare che nella maggior parte delle altre città della Cina le misure non sono ancora state attivate. Il “capitale materno” della Russia ha subito negli ultimi tempi varie modifiche, e nel 2023 le cifre arriveranno a 589mila rubli (poco meno di 1.000 dollari) per il primo figlio, e 779mila per il secondo, ma solo per le famiglie che non hanno ricevuto il sostegno per il primogenito.

Anche in Russia si cercano comunque modi più efficaci per stimolare la natalità, modulate in base alle diverse condizioni e dislocazioni delle famiglie, come sostiene il ministro delle Finanze Anton Siluanov. Servono maggiori spese e fondi di bilancio più articolati, misure ardue da programmare in tempi di guerra e mobilitazione, che non contribuiscono certo alla crescita della popolazione e al benessere delle famiglie.

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