Esplosione porto di Beirut: frattura nella magistratura libanese
di Fady Noun

Il procuratore generale Ghassan Oueidate apre un procedimento contro Bitar, titolare dell’inchiesta. A suo carico i (presunti) reati di “ribellione contro la giustizia” e “usurpazione di potere”. Imposto il divieto di lasciare il Paese. Disposto il rilascio delle 17 persone finora fermate perché sospettate di coinvolgimento e in attesa di giudizio. 


Beirut (AsiaNews) - Una grave frattura si è consumata in seno alla magistratura, con la convocazione ieri da parte del procuratore generale della corte di Cassazione Ghassan Oueidate del magistrato Tarek Bitar, titolare dell’inchiesta sull’esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020. Il procuratore ha intentato alcune cause contro Bitar per “ribellione contro la giustizia” e “usurpazione di potere”, imponendogli anche il divieto di lasciare il territorio libanese.

Il giorno prima lo stesso Oueidate aveva ricevuto un mandato di comparizione da parte di Bitar, insieme ad altre personalità dell’ambito giuridico, militare e politico. Uno studio per rifondare e rilanciare un’inchiesta paralizzata da 13 mesi confuta tutti gli argomenti, i mezzi legali e le eccezioni avanzate nei confronti di Bitar, in virtù del legittimo sospetto e delle prerogative, per costringerlo a cedere il fascicolo. 

La convocazione di Oueidate è accompagnata da un’altra decisione: quella di rilasciare tutte le 17 persone detenute in attesa di giudizio dall’inizio dell’inchiesta, fra le quali il direttore delle dogane Badri Daher, vicino al Movimento patriottico libero (Cpl) e il direttore del porto Hassan Koraytem. Giudicata impulsiva, la decisione allarga la portata di un dispositivo emesso il giorno precedente da Bitar che prevedeva il rilascio di sette di loro e che la polizia giudiziaria, agli ordini di Queidate, non aveva eseguito. Va detto che Daher non era tra le persone di cui Bitar aveva ordinato il rilascio.

Questa resa dei conti sembra difficile da risolvere, ma ha il merito di “far scoppiare il bubbone” e riportare al centro l’indagine sull’esplosione al porto che ha causato 235 morti, migliaia di feriti e inflitto danni enormi ad alcuni quartieri di Beirut. Il Consiglio superiore della magistratura (Csm), presieduto da Souheil Abboud, si riunisce oggi per discuterne, ma le speranze sono scarse di vedere emergere qualcosa di diverso da ulteriori polemiche, a causa della politicizzazione del dossier.

La decisione di Oueidate è duramente contestata dal fronte dei familiari delle vittime e dalla magistratura. Bitar ha ricordato che il procuratore era stato sollevato dal fascicolo, per legami di parentela con uno degli accusati convocato dal magistrato stesso. Il riferimento è al ministro libanese dei Trasporti Ghazi Zeayter, esponente del movimento sciita di Amal.

Secondo un’autorevole fonte giudiziaria, che chiede l’anonimato, entrambi i magistrati hanno superato le loro prerogative ed entrambi devono essere richiamati all’ordine dal Consiglio superiore della magistratura. Secondo questa fonte, Bitar si è lasciato spingere più dallo “stato di necessità” - quello di far progredire l’inchiesta - che da argomenti legali. In ogni caso, la fonte ritiene che “il rilascio di tutti i detenuti non doveva avvenire”. 

Nel frattempo giudicando l’iniziativa di Oueidate una “clamorosa violazione della legge”, Bitar si è al contempo impegnato a “non lasciar il caso prima della formalizzazione dell’atto di accusa”. Intanto i parenti delle vittime hanno lanciato ieri un appello per un imponente raduno davanti al tribunale, al quale si dovrebbero unire anche i deputati esponenti del movimento di protesta e il partito Kataëb.

Istituzioni sempre più deboli

Questo conflitto al vertice dell’apparato giudiziario indebolisce ancora di più la credibilità delle istituzioni, minata a livello costituzionale dal ritardo nell’elezione di un nuovo presidente della Repubblica e, dal punto di vista economico, dal deprezzamento della moneta nazionale. La lira libanese secondo gli economisti ha perso fino al 97% del proprio valore, gettando gran parte della popolazione nell’estrema precarietà, e paralizzando il sistema scolastico - in sciopero da tre settimane - e il settore ospedaliero, in cui il paziente che vuole essere ricoverato o curato deve presentarsi con farmaci propri. 

Solo le Forze dell’ordine continuano a dar prova di coesione, in parte grazie a donazioni esterne. In quest’ottica, una donazione di oltre 72 milioni di euro è stata appena annunciata dall’ambasciatrice degli Stati Uniti, Dorothy Shea, garantendo per sei mesi un ulteriore supplemento salariale mensile di un centinaio di euro, per ciascun membro delle Forze armate e delle Forze di sicurezza interna.

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