Patriarca Pizzaballa: a Gerusalemme vale ‘la legge del più forte’
di Fady Noun

Il primate latino partecipa ai lavori del Sinodo sulla sinodalità in programma dal 13 al 18 febbraio. La città santa sta perdendo il suo cuore pacifico e il suo essere riferimento per le tre grandi religioni monoteiste. Il bisogno della difesa dei confini identitari e la situazione “difficile” dei cristiani nella regione. 


Beirut (AsiaNews) - “Veniamo da realtà diverse, ma abbiamo in comune il fatto di appartenere a nazioni in guerra, caratterizzate da tensioni politiche e da profonde divisioni. E poi ci sono le distanze, siano esse di natura geografica o culturale”. Pierbattista Pizzaballa, 56enne patriarca latino di Gerusalemme, si trova in questi giorni in Libano. Il prelato ha presieduto la Conferenza dei vescovi latini della regione araba (Celra), che nei giorni scorsi ha tenuto la sessione annuale, e dal 13 febbraio è impegnato nella fase continentale del sinodo sulla sinodalità, in programma fino al 18 del mese. “Solo nella mia regione - aggiunge - parliamo tre dialetti arabi diversi: giordano, egiziano e libanese e ora, a causa di Cipro, dobbiamo parlare anche il turco”.

In un momento in cui, in Israele, la situazione sta diventando esplosiva, il patriarca ha voluto discutere di diverse questioni che riguardano la Chiesa e la regione. In effetti vi sono profonde disparita sociali a caratterizzare le società in cui la Chiesa latina vive e opera, senza contare Gerusalemme, il cuore spirituale di cristiani, ebrei e musulmani. Una realtà in cui, con l’attuale governo, “non vi è più - sottolinea il patriarca - lo status quo pacifico” o comunque di tregua fra le parti, ma sembra vigere sempre più “la legge del più forte”. 

Difendere i “confini dell’identità”

“Di solito, noi parliamo del nostro bisogno di difenderci: di difendere i nostri confini dell’identità, fisici, politici, etc. Il ruolo di Gerusalemme è di restare una città aperta, come lo ha sempre auspicato la Santa Sede. Certo, alcune porte sono necessarie, ma esse non devono finire per escludere. Noi dobbiamo imparare l’inclusione, non a respingere” aggiunge, facendosi portavoce della vocazione all’accoglienza della città santa, che può contare sulla creazione di posti di lavoro e la prosperità economica della sua popolazione autoctona.

Da come parla, si capisce che la preoccupazione del patriarca Pizzaballa non è solo per i latini - il cui numero non supera i 55mila fedeli fra Israele e la Cisgiordania - ma di tutti i popoli presenti nella diocesi, ivi comprese le decine di migliaia di migranti dall’Asia che vi lavorano. La rete pastorale della Chiesa latina comprende numerose strutture di accoglienza (parrocchie, asili nido, dispensari e ospedali, scuole, università e istituti di studi superiori, organizzazioni giovanili), al cui interno si possono incontrare queste popolazioni così diverse fra loro. 

Ore difficili

“Viviamo ore difficili” riconosce il primate latino, tenendo conto della vera e propria caccia all’uomo avviata dall’esercito israeliano e dagli atti vandalici e di odio anti-cristiani che si moltiplicano da parte di alcuni gruppi estremisti ebraici.”I Paesi della regione sembrano tutti presi in ostaggio, in un modo o nell‘altro, il che spiega l’emorragia umana che tutti vediamo” prosegue il patriarca. “In particolare - prosegue - ciò colpisce i cristiani, ma non si può impedire alle giovani generazioni di voler sfuggire da una situazione senza orizzonti”. In quest’ottica, il Libano è “la nazione a cui si rivolgono tutti i cristiani del mondo arabo, per trovare forza e dare un senso alla loro presenza” nella regione. 

La missione educativa della Chiesa latina, vera “colonna portante” della presenza cristiana in Libano secondo il vescovo dei Latini libanesi César Essay è minacciata di bancarotta per il deprezzamento della lira. La questione è all’ordine del giorno della sessione di lavori, oltre alla situazione del clero ridotto, come tutta la popolazione, a uno stato di precarietà. “Il crollo di queste strutture causerebbe un colpo fatale per il Paese” insiste il vescovo, il quale aggiunge che quasi la metà degli studenti che frequentano scuole cattoliche fanno riferimento alla Chiesa latina. Questa missione “è di primaria importanza anche in Siria e in Iraq”, aggiunge il patriarca citando altre due realtà di grande rilevanza. 

Sinodo sulla sinodalità

Il Sinodo sulla sinodalità promosso da papa Francesco è fra i temi più importanti all’ordine del giorno della sessione. “Le cose non cambiano da sole” spiega ad AsiaNews il patriarca Pizzaballa. “Dobbiamo, prima di tutto, tracciare una chiara visione personale del lavoro da fare, poi dobbiamo lavorare a livello istituzionale, il che è molto più difficile”. Prendendo esempio dai lavori di salvaguardia del Santo Sepolcro, che è stato necessario attendere dal 1947, cioè 70 anni, perché si potessero compiere, il primate dei Latini commenta: “Bisogna saper aspettare che le persone con le quali si lavora capiscano. E non arrendersi. Se si sentono amate, le persone finiscono per accettare. Ci vuole più tempo, ma in questo modo durerà nel tempo!”. 

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