Iraq: liberata Jill Carroll, giornalista americana rapita quasi tre mesi fa

La giornalista, inviata del Christian Science Monitor, è stata liberata nei pressi dell'ufficio del Partito islamico iracheno da un gruppo che non è stato individuato.


Baghdad (AsiaNews/Agenzie) – E' stata rilasciata oggi Jill Carroll, la giornalista statunitense di 28 anni rapita in Iraq quasi tre mesi fa. Lo hanno annunciato la polizia irachena e il leader del Partito islamico iracheno, Tariq al Hashimi.

La giornalista, freelance ed inviata del Christian Science Monitor (quotidiano di Boston), era stata sequestrata il 7 gennaio a Baghdad, nel quartiere occidentale di Adil, mentre andava ad intervistare il politico arabo sunnita Adnan al-Dulaimi. Il suo interprete, il 32enne Allan Enwiyah, era stato ucciso nel raid, avvenuto vicino all'ufficio di al Dulaimi.

"Sono contento di apprendere che è stata liberata – ha detto al Hashimi, che più volte aveva invitato i rapitori a liberarla – perché la sua sorte non ha mai cessato di preoccuparmi, sin dal giorno del suo sequestro".

Il colonnello Falah al-Mohammedawi ha affermato che la giornalista è stata liberata nei pressi dell'ufficio del Partito islamico iracheno ad Amiriya, zona ovest di Baghdad, da un gruppo composto da sconosciuti ed è stata in seguito consegnata alle forze americane.

I suoi sequestratori, che si proclamano "Brigate della Vendetta", avevano chiesto la liberazione di tutte le donne detenute in Iraq entro il 26 febbraio e avevano minacciato che in caso contrario l'ostaggio sarebbe stato ucciso.

Katie Carroll, sorella gemella della giornalista, aveva lanciato ieri un appello dagli schermi della tv satellitare araba Al Arabiya. Aveva sottolineato come il sequestro avesse sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia e si era rivolta direttamente al popolo iracheno per chiedere informazioni utili alla liberazione dell'ostaggio.

"Mi sto rivolgendo a voi oggi perché sono trascorsi quasi due mesi da quando l'ultimo video di mia sorella è stato trasmesso – ha detto – e non abbiamo avuto alcun contatto con lei né ricevuto alcuna informazione sulle sue condizioni. Da quel momento, vivo un incubo, temo che sia stata ferita o stia male. Non c'è nessuno che tenga più vicino al mio cuore di mia sorella e sono profondamente preoccupata nel chiedermi come sia trattata. Approfitto di questa occasione per ringraziare, insieme alla mia famiglia, tutto il popolo iracheno per l'aiuto e l'amicizia che ci avete dimostrato in questo periodo".