‘Regionalisti’ vogliono Russia smembrata e sotto controllo internazionale
di Vladimir Rozanskij

Proposta presentata dal giornalista Maksim Kuzakhmetov, in esilio a Praga. Una conseguenza della possibile sconfitta in Ucraina. Come la Germania post-nazista, il Paese deve accettare un controllo internazionale per un certo periodo.  Contrarie le opposizioni “moscacentriche”.


Mosca (AsiaNews) – Continuano a diffondersi opinioni e proposte per un futuro che prevede la disgregazione della Federazione russa, e l’organizzazione di diverse strutture etniche e statali. A intervenire su Idel.Realii è stato il giornalista Maksim Kuzakhmetov (v. foto), in esilio a Praga, ideatore del progetto “Naiznanku” (Al contrario), ritenuto il principale ispiratore del movimento degli “ingermanlandi”, i separatisti scandinavi sul territorio russo.

Secondo Kuzakhmetov, la conseguenza della guerra russo-ucraina dovrà essere la suddivisione dell’impero e l’introduzione dell’amministrazione esterna per un periodo transitorio, per evitare pericoli di revanscismo e deriva ultranazionalista, e per “garantire la sicurezza dell’Europa intera”.

Egli fa il paragone con la Germania del 1945, e “sarà certo un grande problema psicologico per i russi, ma non ci dovranno essere violenza e disordini, né tantomeno i campi di concentramento”. La Germania post-nazista ha dovuto accettare il controllo esterno dopo la capitolazione, e intanto gli alleati si adoperavano per garantire la democrazia, senza ridurre il Paese a una colonia: “Si può sopportare, e dopo tutto andrà meglio”.

Lo stesso Putin ha incitato i servizi segreti interni dell’Fsb a perseguire tutti coloro che sostengono progetti separatisti e disgregativi “ispirati dall’Occidente”. Secondo il giornalista, “è chiaro che l’Fsb cercherà di fabbricare delle false accuse, ottenendo con le torture delle confessioni, come ai tempi di Stalin”.

In realtà i “regionalisti” non commettono crimini contro la legge e non costituiscono una minaccia reale; “non commettono attentati contro la proprietà di nessuno, ma cercano di realizzare il diritto costituzionale a decidere il proprio futuro”. Perfino nella Costituzione sovietica era contemplato il diritto delle repubbliche all’autodeterminazione.

Se si guarda alla carta geografica della Federazione russa, la grande maggioranza dei soggetti federali godono di una serie diversificata di diritti, dalla formazione nazionale all’autonomia amministrativa regionale. Ad esempio l’enclave di Kaliningrad, l’ex Prussia orientale tra la Polonia e la Lituania, è un “piccolo Paese europeo già pronto”, insiste Kuzakhmetov: “Non c’è verso di trattenerlo con la forza, se si vuole staccare”.

In verità, non solo i vertici dello Stato sono contro la disgregazione, ma anche buona parte delle opposizioni, anche quelle “liberali” dei grandi esuli come Mikhail Khodorkovskij e Garri Kasparov, o quelle perseguitate come il movimento di Aleksej Naval’nyj.

Kuzakhmetov ammette che ci sia forte divisione tra le opposizioni “moscacentriche”, che vogliono mantenere l’impero nei suoi attuali confini, e i regionalisti. A suo parere “è certo un grave difetto dei moscoviti, ma non è il momento di discutere su che cosa deve venire prima, dobbiamo scrollarci di dosso la triste fama dell’aggressore che calpesta il sangue dei vicini, dobbiamo pensare a come rinascere dopo la sconfitta”.

Nello schema da lui immaginato, le regioni potranno riunirsi dopo il periodo di amministrazione esterna, se verrà loro permesso, oppure lasciare a ciascuno il tempo di organizzarsi e poi decidere, come hanno fatto ad esempio Repubblica ceca e Slovacchia.

I crimini di Putin, secondo i separatisti, obbligano in qualche modo l’Europa a suddividere forzatamente la Russia, in questa fase della sua storia. “È un impero nato 500 anni fa, che se ne avrà le forze rinascerà dalle sue ceneri, come è accaduto ai tempi degli zar e anche in quelli sovietici”.

L’Occidente, e in particolare l’Europa, “non ha un centro unico, abbiamo visto i Paesi dell’Europa orientale, che erano sottomessi all’impero moscovita, che si sono mossi a partire dalle proprie esigenze di sicurezza”.

Prima del 1991 anche in Occidente c’era il timore di una catastrofe nel caso di dissoluzione dell’impero sovietico, alcuni non volevano neanche la riunificazione delle due Germanie, si temeva che potessero venir fuori 15 potenze nucleari incontrollabili, e che “è meglio avere a che fare con un pazzo solo, che con 15 diversi”. L’Urss in realtà si è dissolta in modo abbastanza pacifico, pur con vari conflitti periferici, e ora “bisogna scacciare la fobia del Cremlino e tutto andrà bene”, conclude Kuzakhmetov.

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