Nepal: è incostituzionale una norma che concede il divorzio se la moglie non è fertile
di Prakash Dubey

La legge è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte suprema. Il verdetto emesso ieri dopo un anno di lavori.


Kathmandu (AsiaNews) – E' stato definito "una sentenza storica e rivoluzionaria" il verdetto della Corte suprema nepalese contro la norma del codice civile del 1963 che concede agli uomini il divorzio se la moglie non può avere figli. Il verdetto è stato emesso ieri dopo un anno di discussioni.

"Questa sentenza – ha dichiarato Norbert Rai, un giudice cristiano – sarà un valido aiuto per combattere tutte le silenziose atrocità che gravano sulle donne nella nostra obsoleta società patriarcale". "La norma – continua Rai – era discriminatoria. Infatti un uomo aveva il diritto di divorziare dalla moglie sulla base dell'infertilità ma una moglie non aveva il diritto di divorziare dal marito se questo è impotente".

Il codice nepalese del 1963 nella sezione che regola i rapporti fra marito e moglie riconosce infatti agli uomini il privilegio di poter divorziare se uno studio medico riconosciuto dal governo certifica l'incapacità della donna di avere figli dopo 10 anni di matrimonio. Questa norma è stata giudicata discriminatoria e contraria all'articolo 11 della costituzione nepalese del 1990, che garantisce parità di diritti fra uomini e donne, da un comitato speciale della Corte suprema formato dai giudici Kedar Prasad Giri, Khil Raj Regmi e Sharada Shrestha. La Corte suprema ha inoltre chiesto la promulgazione di una legge equa per regolare i rapporti fra moglie e marito.

Sarita Giri, una attivista per i diritti della donna, ha sottolineato ad AsiaNews che la norma abrogata è anche incompatibile alla Dichiarazione universale per i diritti dell'uomo del 1948, alla Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne del 1979 e ad altre convenzioni per i diritti della donna. "Il governo ora è costretto a rivedere questa anomalia" – ha dichiarato. "So che alcuni componenti del governo a favore di una legge equa hanno sperato che questa ingiustizia finisse. Prima però non avevano potere, dato che ad ogni osservazione contro la legge veniva replicato che era una eredità della cultura della società patriarcale indù e alterarla sarebbe stato ripugnante nei confronti delle tradizioni".

Giri ha però contestato il fatto che la cultura indù approvi tali discriminazioni. "Se fosse così sarebbe meglio abbandonare questa religione per diventare più umani", ha detto Giri, che è di religione indù.