Mahsa Amini: Teheran ‘perdona’ 22mila manifestanti. I dubbi sulle cifre

L’annuncio ieri del capo della magistratura Ejehi, in vista dell’inizio del Ramadan (mese sacro di digiuno e preghiera). Finora attivisti e ong parlavano di quasi 20mila fermi e oltre 500 morti negli scontri. Il divario nei numeri conferma i dubbi sulla reale portata della repressione del dissenso nella Repubblica islamica. 


Teheran (AsiaNews) - Le autorità giudiziarie iraniane avrebbero “perdonato” 22mila cittadini che, nei mesi scorsi, hanno preso parte alle manifestazioni di piazza per l’uccisione di Mahsa Amini, la giovane curda morta nelle mani della polizia della morale a Teheran. È quanto ha annunciato ieri il capo della magistratura Gholamhossein Mohseni Ejehi, citato dall’agenzia ufficiale Irna, secondo cui la decisione rientra in un provvedimento più ampio che ha visto la scarcerazione “di almeno 82mila persone” compresi quanti “hanno partecipato alle proteste”.

All’inizio del mese scorso i media di Stato avevano riferito di un provvedimento di “grazia” concesso dal leader supremo, l’ayatollah Ali Khamenei, a “decine di migliaia” di detenuti, compresi alcuni fra i tanti che hanno partecipato alla rivolta repressa nel sangue. Un movimento di piazza spontaneo e pacifico con in prima fila le donne, innescato dalla morte della 22enne, la cui unica colpa era di non indossare correttamente l’hijab (velo obbligatorio), oggi simbolo di oppressione.

L’alto magistrato non ha specificato il periodo di riferimento del provvedimento di perdono e non vi sono al momento conferme indipendenti sulla veridicità della notizia. Tuttavia, esso offre per la prima volta una panoramica della vasta portata della repressione governativa seguita alla protesta con un rimpallo di cifre sinora ritenute mai davvero attendibile. L’annuncio rivela anche un ulteriore elemento: la Repubblica islamica, dopo mesi di disordini e sangue, si sente abbastanza sicura da poter parlare e gettare un po’ di luce su una rivolta che, per molti, è la più grave e partecipata dai tempi della rivoluzione nel 1979. Resta al contempo l’ira soffocata di una fetta consistente della popolazione, gravata da crisi economica, disoccupazione, crollo della valuta e incertezza nei legami con il mondo esterno, col ripristino delle sanzioni seguito allo stop all’accordo nucleare del 2015. 

Il provvedimento di grazia concesso da Khamenei sarebbe legato all’imminente inizio del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico. Secondo quanto riferito da Ejehi un totale di 82.656 prigionieri o imputati hanno beneficiato del perdono e, di questi, 22.628 erano stati arrestati durante le recenti manifestazioni. Nessuno di essi ha commesso furti o crimini violenti, ma quello che è interessante in merito alle cifre è che la reale portata degli arresti potrebbe davvero essere di gran lunga superiore ai numeri circolati sinora. Secondo i dati di Human Rights Activists in Iran, in questi mesi le autorità avrebbero arrestato 19.700 persone, altre 530 hanno perso la vita negli scontri con le Forze dell’ordine o in operazioni di polizia. Numeri, in particolare quelli relativi ai fermi, che di per sé sono inferiori rispetto al dato sulle persone coinvolte nelle manifestazioni, e liberate, diffuso dal capo della magistratura. “Sin dal primo giorno - commenta Jasmin Ramsey, vice-direttore dell’ong con base negli Usa Center for Human Rights in Iran - non vi è stato un conteggio trasparenti delle persone fermate o imprigionate […] ecco perché non vi è modo di verificare quante ne siano state davvero rilasciate oggi”.