Pechino e il conflitto birmano: unico obiettivo gli affari

Mentre si discute del ruolo della diplomazia cinese rispetto all'Ucraina, nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Qin Gang ha incontrato il capo della giunta golpista del Myanmar. La Cina sostiene i generali ma anche diverse milizie al confine per garantirsi la stabilità della regione transfrontaliera nelle aree dove estrarre le terre rare.


Yangon (AsiaNews) - Da qualche giorno ci si chiede se il voto della Cina (e dell’India) a favore di una risoluzione delle Nazioni unite che riconosce “l’aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina” possa indicare uno spostamento di campo di Pechino o Delhi, finora molto vicine a Mosca per interessi politici ed economici. Si discute sul ruolo che la Cina può avere come mediatore nel conflitto. Per capire come agisce la diplomazia cinese, però, forse sarebbe più utile guardare a un altro conflitto, che passa spesso in sordina, ma in cui Pechino gioca un ruolo di primo piano: quello in Myanmar. 

Il 2 maggio il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, è atterrato nella capitale Naypyidaw e ha incontrato il capo della giunta golpista birmana. Si tratta del funzionario cinese di più alto grado a parlare direttamente con il leader dell’esercito, il generale Min Aung Hlaing, responsabile del colpo di Stato che il primo febbraio 2021 ha estromesso il governo guidato da Aung San Suu Kyi dando avvio a un brutale conflitto civile. 

Secondo una dichiarazione di Qin Gang di ieri, “la Cina sostiene il Myanmar nell'esplorare un percorso di sviluppo con caratteristiche proprie che si adatti alle sue condizioni nazionali”, e si impegna a “promuovere il processo di transizione politica e a sostenere le parti interessate per affrontare adeguatamente le differenze e cercare la riconciliazione nazionale nel quadro costituzionale e legale". 

Dallo scoppio delle ostilità, che vedono schierato l’esercito birmano e le forze della resistenza, Pechino ha fornito armamenti sia alla giunta militare sia ad alcune milizie di ribelli situate al confine tra Cina e Myanmar. Già a marzo un’alleanza di più milizie aveva chiesto alla Cina di intervenire per pacificare la situazione, dopo che a dicembre Deng Xijun, inviato speciale della Cina aveva incontrato il capo della giunta e i rappresentanti di alcune milizie del nord del Myanmar per questo più soggette all’influenza di Pechino. Anche diversi funzionari cinesi provenienti dalla regione dello Yunnan hanno fatto visita ai capi delle milizie da dicembre dello scorso anno e lo stesso Qin Gang nei giorni scorsi si è recato alla frontiera, chiedendo al partito comunista e alla polizia locali di “rafforzare il sistema di difesa del confine”, aggiungendo che è necessario “mantenere i confini distinti e stabili” e “reprimere le attività criminali transfrontaliere”. 

In altre parole, alla Cina non interessa tanto la risoluzione del conflitto, ma la stabilità della regione transfrontaliera - dove è noto che Pechino sfrutta i giacimenti di terre rare provocando immensi danni ambientali -  per la tutela dei propri interessi economici. Solo verso la fine del mese scorso le società estrattive cinesi sono state costrette a sospendere i lavori in seguito alle proteste della popolazione locale.

La dichiarazione rilasciata ieri dal ministro degli Esteri cinese continua dicendo che Pechino accelererà gli investimenti legati al corridoio economico tra Cina e Myanmar (CMEC), di importanza strategica fondamentale perché garantirebbe allo Yunnan uno sbocco sull’Oceano indiano. Il CMEC faceva in origine parte della Belt and Road Initiative, il mega progetto infrastrutturale lanciato da Pechino nel 2013 per raggiungere in maniera più veloce molti mercati esteri. Pur con alcuni rallentamenti dovuti alla guerra civile - che finora ha generato oltre 1,5 milione di sfollati - alcuni progetti cinesi stanno proseguendo. Per esempio, la società statale cinese CITIC, che sovrintende l'intero progetto portuale in acque profonde di Kyaukpyu, nello Stato Rakhine, ha incaricato la Myanmar Survey Research di intraprendere una valutazione dell'impatto ambientale del porto.

Anche l’emittente birmana MRTV ha affermato che le discussioni tra il capo della giunta e ministro degli Esteri cinese hanno incluso l'aumento del commercio transfrontaliero e la cooperazione in materia di energia.

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