Dopo alcune ore di cessate il fuoco sono ripresi stamane i lanci di razzi dalla Striscia. Nel mirino anche la regione di Gerusalemme. La massiccia risposta israeliana con nuovi raid aerei e il congelamento delle trattative al Cairo per un cessate il fuoco. Almeno 30 morti e 90 feriti palestinesi, una vittima israeliana a Rehovot.
Gerusalemme (AsiaNews) - Sono tornate a risuolare le sirene di allarme nella tarda mattinata di oggi in Israele, a causa del lancio di razzi dalla Striscia cui ha risposto l’esercito nuovi raid dei caccia con la stella di David. Una ripresa delle violenze, dopo alcune ore di relativa calma vissute nella notte come racconta ad AsiaNews il parroco della Sacra Famiglia a Gaza p. Gabriel Romanelli, sacerdote argentino del Verbo incarnato. “La vita è paralizzata a Gaza come in tutta la regione. In tanti aspettano una tregua, una pausa” in un contesto di violenze crescenti, una spirale che non accenna a diminuire. “Ieri - prosegue - abbiamo vissuto momenti di scontri molto forti, che poi si sono arrestati. Qualcuno parlava di una tregua, altri la escludevano. Resta il fatto che viviamo in una situazione di sospensione in attesa di sviluppi, con la vita civile, le scuole chiuse”.
Fonti palestinesi hanno riferito di nuovi attacchi vicino a Rafah, nella zona a sud della Striscia, ma al momento non si hanno notizie di nuove vittime o feriti. I raid sono una risposta al lancio di oltre 15 razzi da Gaza verso il sud di Israele, dopo una pausa di quasi 13 ore che aveva fatto ipotizzare se non un cessate il fuoco, quantomeno una pausa nell’escalation militare.
Sirene di allarme hanno risuonato negli insediamenti ebraici di Gush Etzion in Cisgiordania, Beit Shemesh vicino a Gerusalemme e nelle città vicino al confine con la Striscia. Per quanto riguarda l’attuale fase di confronto armato fra Israele e la Jihad islamica (per ora appare defilata la posizione di Hamas, che governa Gaza) è la prima volta che si registra il lancio di razzi verso Beit Shemesh e gli insediamenti di Elazar, Efrat, Neveh Daniel, Rosh Tzurim, Alon Shvut e Bat Ayin.
“Noi stiamo bene - prosegue p. Romanelli - e proseguiamo per quanto possibile con la nostra vita, con le celebrazioni, con la recita del rosario che trasmettiamo via internet perché un numero maggiore di fedeli possa assistere”. “Adesso - racconta - sto andando a portare la comunione ad anziani e malati, poi continuiamo con l’apostolato delle chiamate telefonando uno a uno ai nostri parrocchiani per sapere com’è la situazione, se hanno bisogno di qualcosa, dal cibo ad aiuti pratici. Speriamo che tutto questo possa finire presto, ma non è dato sapere”.
Fra i più attivi in campo diplomatico per raggiungere una tregua l’Egitto, con l’arrivo al Cairo di Mohammed al-Hindi, responsabile dell’ala politica della Jihad islamica, che ha auspicato dialoghi costruttivi fra le parti nella giornata di oggi. “Speriamo di raggiungere un accordo onorevole - ha detto all’Afp - che rifletta gli interessi del nostro popolo e della resistenza”. Da fronte israeliano vengono però rispediti al mittente i tentativi di confronto, dopo i nuovi lanci di missili della mattinata: un diplomatico di primo piano, dietro anonimato, parla di trattative “congelate” e assicura una risposta “significativa. E se abbiamo bisogno di intensificarla - aggiunge - lo faremo”.
Fonti palestinesi del ministero della Sanità a Gaza riferiscono di almeno 30 morti, fra i quali alcuni bambini e cinque alti funzionari della Jihad islamica, e 90 feriti dall’escalation di violenze divampate il 9 maggio. In Israele si registrano invece le prime crepe nel sistema di difesa missilistico Iron Dome, che hanno permesso ad alcuni razzi su quasi 900 lanciati in questi giorni di centrare case e luoghi abitati, provocando una vittima civile a Rehovot (sud del Tel Aviv).