India, potenza rassicurante per le isole del Pacifico
di Alessandra De Poli

Come sull'Ucraina, anche in Oceania Delhi cerca di mantenere un delicato equlibrio tra Washington e Pechino. Il primo ministro della Papua Nuova Guinea, James Marape, l'ha definita il "leader del Sud del mondo". Dalla sua parte, l'India può vendere tecnologia a basso costo e sfruttare la presenza della diaspora, ma l'impegno militare (per ora) è lasciato all'Occidente.


Delhi (AsiaNews) - Le ultime due settimane hanno visto la diplomazia indiana impegnata in una serie di dialoghi: il primo ministro Narendra Modi ha partecipato al G7 in Giappone, poi a un vertice tra i leader del Quadrilateral Security Dialogue (Quad); in Australia ha siglato una serie di accordi con il primo ministro Anthony Albanese, mentre nella regione contesa del Kashmir si è tenuto un summit sul turismo in previsione del G20. 

Tra tutti questi incontri è passata in sordina la visita in Papua Nuova Guinea - la prima di un premier indiano - per un incontro del Forum per la cooperazione dell’Indo-Pacifico (FIPIC) a cui inizialmente avrebbe dovuto partecipare anche il presidente americano Joe Biden, poi richiamato in patria per la crisi sul bilancio. Al suo posto a guidare la delegazione Usa è stato il Segretario di Stato Antony Blinken.

Ad un primo sguardo appare evidente come la regione del Pacifico sia uno dei campi di contesa dove si misura oggi l’attrito con la Cina. Le 14 nazioni del Pacifico con cui Delhi ha iniziato un lento dialogo nel 2014 sono luoghi “molto strategici se vuoi creare una base navale, un porto amico o una pista di atterraggio amica e hanno anche vaste risorse oceaniche", ha detto il capo della Marina in pensione Arun Prakash. "La principale preoccupazione per i Paesi occidentali e l'India è che molti di questi Paesi sono un vuoto e la Cina tende a entrare nei vuoti e riempirli".

La mediazione di Delhi con Port Moresby può offrire un aggancio a Washington dopo la firma dell’accordo militare che le Isole Salomone hanno firmato con Pechino e che aveva mandato in allarme l’Occidente. 

L’India è stata accolta come “leader del Sud del mondo” usando le parole del primo ministro papuano James Marape, secondo cui Delhi è “la terza grande voce” che “deve emergere” e dietro alla quale “si radunerà” il Pacifico. Come per la guerra in Ucraina, Delhi si presenta come nuova potenza non troppo sbilanciata, più vicina agli interessi delle nazioni non-occidentali e disposta a dare sostegno economico nel contrasto ai cambiamenti climatici, prima preoccupazione per gli atolli del Pacifico che rischiano di scomparire per l’aumento dei livelli degli Oceani. “Una delle sfide importanti che la Papua Nuova Guinea deve affrontare è il cambiamento climatico e l'adattamento. Queste sono aree in cui l'India può svolgere un ruolo importante offrendo partnership a prezzi accessibili in settori come l'energia solare", ha spiegato Swati Prabhu, ricercatore presso il Center for New Economic Diplomacy di New Delhi. Lo stesso concetto è stato ribadito da Modi durante il Forum per la cooperazione dell’Indo-Pacifico: "Siamo disposti a condividere le nostre capacità ed esperienze nella tecnologia digitale, nella tecnologia spaziale, nella sicurezza sanitaria, nella sicurezza alimentare, nei cambiamenti climatici e nella protezione dell'ambiente", ha detto il premier indiano.

Washington nel frattempo ha firmato con Port Moresby un accordo di difesa da 45 milioni di dollari che prevede un aumento della presenza militare statunitense sull’isola e aiuti allo sviluppo. Gli Stati Uniti forniranno inoltre pattuglie della Guardia costiera per sorvegliare la zona economica esclusiva della Papua Nuova Guinea e contrastare le attività di pesca illegale. Alle proteste degli studenti universitari contrari all’accordo, Marape ha risposto che “non c'è nulla di cui aver paura” perché l’intesa “non ha nulla a che fare con la Cina”, la quale resta “un importante partner commerciale”.

In questo contesto l’India appare come una potenza rassicurante nella regione, dove può fare leva anche sulla presenza della diaspora: in Papua Nuova Guinea, composta da 9,5 milioni di abitanti, vivono circa 3mila indiani, mentre nelle Fiji il 38% della popolazione è di origine indiana. Si tratta di una migrazione che risale ai tempi coloniali, che oggi conta 320mila individui secondo i dati del ministero degli Affari esteri indiano e che l’India ha sfruttato per siglare in passato accordi economici che ora ha tutto l’interesse a espandere. Le isole del Pacifico sono circondate da un’area marittima di 40 milioni di km quadrati e hanno a disposizione zone economiche esclusive più grandi di quelle indiane.

L’influenza indiana nel Pacifico ha i suoi limiti, tuttavia, sostengono gli analisti: l’India ha momento non ha le capacità militari degli altri Paesi occidentali e non può eguagliare le risorse cinesi: “Se ti definisci una potenza indo-pacifica e fai parte del gruppo Quad, devi raggiungere anche il Pacifico. Ma se sia nelle nostre capacità sostenerci così lontano nel Pacifico è un punto interrogativo. Non abbiamo tasche così profonde e anche la nostra Marina è relativamente piccola”, ha commentato l’ex ammiraglio Prakash. “Ma forse in coordinamento con Giappone, Australia e Stati Uniti, possiamo fornire assistenza lì”.

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