Caccia ai migranti tagichi in Russia
di Vladimir Rozanskij

Da diverse regioni russe nelle ultime settimane segnalati arresti di massa di lavoratori e studenti di Dušanbe: verifiche e perquisizioni senza apparente motivo e anche numerosi atti di violenza. L'accusa dei tagichi: pressioni per spingere il più fedele alleato dell'Asia centrale a un maggiore coinvolgimento sul fronte ucraino.


Dušanbe (AsiaNews) - Nelle ultime settimane si sono verificati in diverse regioni della Russia, da quelle più occidentali a quelle asiatiche, molti casi di “caccia al tagico”, con arresti di massa dei migranti - lavorativi e non - verifiche e perquisizioni senza apparente motivo, e anche numerosi atti di violenza. Le autorità russe non chiariscono i motivi di questo accanimento, contro persone abituate a recarsi in Russia per studiare, o dedicarsi ai lavori più umili.

Alcune strutture ufficiali del Tagikistan, a partire dal ministero degli esteri, si sono rivolti ai loro omologhi della Russia, con la richiesta di svolgere indagini su questi casi, ma la situazione non sembra cambiare di molto. Ogni anno centinaia di migliaia di cittadini tagichi si recano in Russia per guadagnare qualcosa, in modo da mantenere le proprie famiglie, a causa della carenza di lavoro e di stipendi decenti in patria.

Il sito Ozody ha cercato di capirne di più, intervistando diversi tagichi coinvolti in tali drammatiche circostanze. La figlia di Mekhriniso Sulaymonova, ad esempio, studia in Russia, e ha visto picchiare diversi suoi amici tagichi e compagni di studi dalla polizia. Lei stessa ha subito diverse angherie ed offese, appartenendo a una famiglia di migranti lavorativi dell’Asia centrale, verso i quali esiste a suo parere un “forte pregiudizio razziale”. La madre l’ha chiamata dopo aver visto i video delle violenze, e la figlia era barricata in casa a studiare, affermando che “posso capire le condizioni di tanti genitori che hanno fatto ogni sforzo per far studiare i figli in Russia”.

Nella regione di Khabarovsk nell’Estremo Oriente, la scorsa settimana, gli Omon hanno aggredito 100 studenti tagichi con i manganelli e altre armi bianche e chimiche, irrompendo nell’ostello dei giovani senza alcun preavviso. Come ha raccontato uno di essi, che ha voluto rimanere anonimo, “alle sette del mattino hanno bussato alla porta in modo molto rumoroso, chiedendo i documenti con urla ed epiteti molto volgari, poi ci hanno messi in fila nel corridoio, continuando a insultarci con espressioni irriferibili. Chi si permetteva di obiettare veniva picchiato selvaggiamente, e noi non capivamo assolutamente il motivo di tanta violenza, qualcuno veniva addirittura colpito con l’elettroshock”.

Molti arresti e pressioni simili si sono verificati a San Pietroburgo, a Kotelniki in provincia di Mosca e in vari quartieri della capitale. Diversi ragazzi e adulti tagichi sono stati multati e rilasciati, per diverse decine sono stati stilati verbali con accuse penali assolutamente immotivate. Sui social media vi sono centinaia di reazioni a questi eventi, con diverse valutazioni, che nell’insieme concordano sul fatto che in questo modo la Russia cerca di fare pressioni sul Tagikistan, il più fedele degli Stati centrasiatici, per contrastare le spinte centrifughe di tutti gli altri. Alcuni pensano che l’instabilità crescente in Russia, a causa della guerra in Ucraina, stia spingendo Mosca a coinvolgere sempre più i “sudditi asiatici” nelle operazioni belliche.

L’esperto tagico Abdumalik Kodirov ritiene che la persecuzione dei suoi compatrioti in Russia sia il risultato di un senso di disperazione, che sta assalendo sempre più la Russia isolata da tutti per la guerra ucraina. “Alle autorità russe servono persone da mandare alla morte senza accumulare altri sensi di colpa: finora hanno usato i soldati delle regioni asiatiche e caucasiche della Federazione e i detenuti, ora serve altra carne da cannone”, egli afferma. Qualcuno ipotizza addirittura che vi siano accordi segreti in questo senso tra i leader di Mosca e Dušanbe.

L’analista tagico a Londra Ališer Ilkhomov mette insieme tre fattori che collegano queste inquietanti circostanze: “l’incontro dei leader dell’Asia centrale in Cina, che ha tagliato fuori la Russia, il problema dell’Afghanistan, particolarmente sentito dai tagichi, e la guerra in Ucraina, alla quale il Tagikistan proibisce di partecipare ai suoi cittadini, mentre la Russia vorrebbe reclutarne a migliaia”.

Non è la prima volta che la Russia fa pressioni sul Tagikistan, cercando di costringerlo a svolgere un ruolo a favore di Mosca, ma la particolare violenza e sfrontatezza delle persecuzioni degli ultimi giorni suscita comunque sgomento e timore, rivelando una condizione di isteria collettiva in Russia che sta superando ogni limite.

 

Foto: Flickr/International Labour Organaization

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