Il peso geopolitico dell’uranio di Astana
di Vladimir Rozanskij

Il Kazakistan è il principale fornitore mondiale con il 40% della produzione mondiale. Storicamente la Russia è sempre stato il principale sbocco per questa materia prima, ma oggi cresce la domanda da parte della Cina e anche dell'Occidente. Rendendo l'Asia Centrale una regione chiave per gli equilibri del mondo di domani.


Astana (AsiaNews) - La richiesta di uranio kazaco sta facendo aumentare le tensioni in Eurasia, anche per via delle conseguenze del conflitto in Ucraina e delle sanzioni alla Russia, che - come fanno notare molte agenzie locali e internazionali - proprio per questo prezioso materiale si trova sempre più in conflitto con la Cina. Alcuni politologi russi concordano sul fatto che “Mosca e Pechino sono divisi dal Kazakistan, sulle rive del fiume Embe”, il territorio di estrazione dell’uranio.

Il Kazakistan è il principale fornitore mondiale di uranio, con il 40% della produzione mondiale, che in parte preponderante era sempre stato destinato alla Russia. Ora tra gli acquirenti crescono gli Usa e la Cina, creando una fortissima concorrenza geopolitica mondiale. Astana non può infatti aumentare l’export in una direzione senza ridurlo dall’altra in breve tempo, e alcuni recenti decisioni del governo kazaco hanno ulteriormente acuito la tensione.

La principale miniera di uranio di Budenovsk, anzitutto, è passata recentemente sotto il controllo della russa Rosatom, l’agenzia di Mosca per l’energia nucleare. Sull’altro versante, Astana si è accordata per vendere a Pechino 30 tonnellate di carburante per le centrali nucleari della Cina, accordo che permetterà ai cinesi di trasformare le centrali a combustione in nucleari entro a metà del 2030. Per questo, il Kazakistan si è impegnato ad aumentare la produzione di uranio per il 50%.

Si profila quindi un confronto diretto tra Mosca e Pechino, che non si limita all’uranio, ma comprende vari aspetti. La Cina ha infatti molti interessi in Asia centrale, non soltanto legati alle infrastrutture per completare il corridoio commerciale verso l’Europa. Oltre all’uranio è interessata all’esportazione regionale dei propri prodotti, alle risorse idriche centrasiatiche e agli altri minerali preziosi della zona. Secondo gli esperti la Russia si dovrebbe preoccupare più dell’attivismo mercantile della Cina in Asia centrale, che non delle rotte di aggiramento del suo territorio verso i mercati occidentali.

Tutto questo aumenta l’importanza del ruolo che l’Asia centrale, a partire dal Kazakistan, potrà rivestire nei prossimi anni, in conseguenza ai grandi cambiamenti in atto, proprio grazie alla ricchezza delle sue risorse naturali, che avevano fatto la fortuna della Russia nel primo decennio putiniano. Non solo le grandi potenze e i Paesi limitrofi, ma anche in zone molto più lontane del mondo si guarda sempre più in questa direzione, che finora era stata sempre piuttosto ignorata.

Nelle dispute economiche e politiche, ovviamente, gioca molto la posizione riguardo alla guerra in corso, non solo da parte dei dirigenti, ma anche delle popolazioni. In Kazakistan, più ancora che negli altri Paesi della regione, si rafforzano le tendenze a sbarazzarsi dell’influsso russo di origine sovietica, anche per le preoccupazioni delle regioni settentrionali che la Russia considera “territori naturalmente russi”. L’ideale politico di una “nuova nazione kazaca”, che cerca di interpretare il presidente Kasym-Žomart Tokaev, spinge verso un giudizio sempre più negativo delle iniziative del Cremlino, soprattutto quelle militari.

D’altra parte, i nazionalisti kazachi criticano anche la posizione “troppo rigida” degli ucraini, che dovrebbero prendere esempio dalla linea “multivettoriale” e multi-culturale di Astana, per difendere tutte le minoranze etniche, storicamente soffocate dall’imperialismo russo-sovietico. Per questo va difesa certamente la propria indipendenza e integrità territoriale, ma senza spirito di rivalsa e distruzione reciproca. Il Kazakistan si candida a “rappresentare il luogo della mediazione tra Oriente e Occidente”, come osserva il politologo kazaco Akhas Tažutov, indicando proprio il fiume Embe, e le terre dell’uranio, come il vero “corridoio della pace universale” per gli anni futuri.

 

Foto: Kazatomprom

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