Il nuovo Parlamento e lo spettro della 'Grande India'

L'inaugurazione della nuova sede voluta da Modi per voltare pagina rispetto all'era coloniale ha aperto un contenzioso con i Paesi vicini per una mappa dell'impero di Ashoka in cui vengono rappresentati entro i confini anche territori di Nepal, Pakistan, Bangladesh, Afghanistan, Myanmar, Sri Lanka e Maldive. La difesa di Delhi: "È storia, non politica". Ma in Nepal è polemica sulle mire espansionistiche dei nazionalisti indù.  


New Delhi (AsiaNews) – Doveva essere il primo passo della celebrazione dell’India post-coloniale di Narendra Modi. Una mappa controversa svelata durante l’inaugurazione sta invece trasformando il nuovo Parlamento di Delhi in occasione di scontro con i Paesi vicini, allarmati dallo spettro della Akhand Bharat, il ritorno della “Grande India” vagheggiata dei nazionalisti indù.

Oggetto del contendere un’installazione presente nel nuovo Parlamento indiano, svelata al pubblico domenica 28 maggio durante l’inaugurazione. Il nuovo complesso è il fulcro di un progetto da oltre 2 miliardi di euro che mira a eclissare il significato degli edifici di epoca coloniale nel centro della capitale, aprendo la strada a strutture moderne con una distinta identità indiana.

Già la scelta di Modi di intestarsi personalmente la grande opera presiedendo l’inaugurazione aveva suscitato le polemiche di 20 partiti dell’opposizione indiana, che hanno boicottato la cerimonia sostenendo che avrebbe dovuto essere il presidente del Parlamento e non il premier a inaugurare la sede dell’Assemblea. Una volta avvenuta l’inaugurazione, però, a far discutere è stata soprattutto la presenza di un grande murale dell’antico impero di Ashoka - risalente al III secolo a.C. - che raffigura un'India indivisa (Akhand Bharat) la cui area geografica comprende gli attuali Afghanistan, Pakistan, Maldive, Sri Lanka, Myanmar, Bangladesh, Nepal e India.

Le reazioni più dure sono state soprattutto in Nepal, Paese dai delicati equilibri con New Delhi. A irritare i nepalesi è stata in particolare l’indicazione sul murale di Lumbini, il luogo di nascita di Buddha nonché uno dei principali centri culturali della mappa nepalese. “Il controverso murale dell’Akhand Bharat - ha commentato l’ex primo ministro Baburam Bhattarai - ha il potenziale di aggravare ulteriormente il deficit di fiducia che già vizia le relazioni bilaterali tra l’India e la maggior parte dei suoi immediati vicini”. Da parte sua il sindaco di Kathmandu Balendra Shah ha risposto esponendo nel suo studio una mappa del "Grande Nepal", che tra le ampie zone dell'India rivendicate dal Nepal include anche il collegamento terrestre tra l'India continentale e gli Stati nordorientali.

A provare a gettare acqua sul fuoco è stato l’attuale primo ministro del Nepal Prachanda: “Abbiamo sollevato la questione della nuova mappa indiana che è stata esposta nel Parlamento – ha dichiarato all’Assemblea nazionale -. Nella sua risposta, la parte indiana ha affermato che si tratta di una mappa culturale e storica e non politica”.

Critiche per la vicenda della mappa sono state sollevate anche dai governi del Pakistan e del Bangladesh. “Chiediamo che l'India stia lontana dall'ideologia espansionistica e si faccia avanti per risolvere le dispute con i Paesi vicini in modo pacifico”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri pakistano, Mumtaz Zahra Baloch. Da parte sua il governo di Dhaka - pur riconoscendo che non c'era “alcun motivo per esprimere dubbi” sulle spiegazioni offerte dopo le proteste scoppiate in Nepal contro il murale – sulla spinta dell’opinione pubblica ha chiesto alla missione a Delhi di “parlare con il Ministero degli Affari Esteri indiano per scoprire quale sia la loro spiegazione ufficiale”.

 

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