Corte Suprema di Seoul: statua buddhista contesa dovrà tornare in Giappone

Una sentenza del massimo tribunale della Corea del Sud chiude la vicenda del furto di un'immagine sacra rivendicata da un tempio di Seosan, che sostiene sia stata rubata dai pirati giapponesi secoli fa. I giudici hanno stabilito che deve essere restituita. Una diatriba che incrocia il tema delle rivalità storiche tra i due Paesi, nonostante i tentativi di riavvicinamento messi in atto dalla politica. 


Seoul (AsiaNews) - La Corte Suprema della Corea del Sud si è pronunciata contro la rivendicazione da parte di un tempio buddhista coreano della proprietà di una statua che sostiene sia stata saccheggiata da pirati giapponesi alla fine dell'era Goryeo. I giudici hanno stabilito che la statua, rubata da un tempio giapponese da un gruppo di ladri coreani nel 2012, appartiene di diritto al Giappone. La sentenza si è basata sulla "prescrizione acquisitiva" della statua da parte del tempio giapponese Kannonji, ha dichiarato la corte in una sentenza su un tema sensibile alla luce delle tradizionali rivalità storiche tra i due Paesi, nonostante i ripetuti tentativi di avvicinamento degli ultimi anni tra le due leadership politiche in nome della comune minaccia costituita dall’espansionismo cinese.

La legge che regola la proprietà della statua rientra nel diritto civile giapponese, secondo il quale una persona o un'entità può acquisire la proprietà di un bene "anche se non gli apparteneva in origine", purché lo possieda "pacificamente e apertamente" per un minimo di 20 anni. Il Tempio Kannonji si è registrato ufficialmente come entità legale nel gennaio 1953, indicando il possesso continuo della statua da allora.

Il caso era scoppiato nell'ottobre 2012, quando un gruppo di ladri coreani trafugò la statua del Bodhisattva seduto in bronzo dorato, che si trovava presso il Tempio Kannonji nella prefettura di Nagasaki, insieme a un'altra statua proveniente dal Santuario Kaijin. La statua è alta 50,5 centimetri e pesa 38,6 chilogrammi.

All'inizio del 2013, i ladri sono stati arrestati e perseguiti in Corea del Sud; il governo di Seoul ha immediatamente confiscato la statua e l'ha tenuta in custodia presso l'Istituto nazionale dei beni culturali di Daejeon. Nello stesso anno, il Buseoksa, un tempio coreano di Seosan, nella provincia di Chungcheong meridionale, aveva presentato un'ingiunzione temporanea per fermare il trasferimento della statua, con l'obiettivo di impedirne il ritorno in Giappone. Il tempio aveva anche intentato una causa contro il governo coreano nel 2016, rivendicando la proprietà della statua, che a suo dire era stata saccheggiata da pirati giapponesi.

Nel 2017, la Corte distrettuale di Daejeon si era pronunciata a favore di Buseoksa, citando documenti storici e prove che dimostrano il saccheggio di Buseoksa da parte del Giappone. Ma nel febbraio di quest'anno, l'Alta Corte di Daejeon aveva ribaltato la sentenza, affermando che il Tempio Kannonji aveva acquisito la proprietà legale della statua attraverso il possesso continuato. Da parte sua, durante il processo, il Tempio Kannonji aveva sostenuto di averla acquisita attraverso un commercio legittimo nel 1527.

Il ministero degli Esteri della Corea del Sud ha dichiarato ora che rispetterà la decisione dell'Alta Corte. “Le procedure di rimpatrio saranno decise dalla nostra agenzia competente in conformità con le leggi e i regolamenti in materia”, ha dichiarato un portavoce del ministero in un briefing.

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