Bangkok: 'scomparso' da vent'anni, la moglie chiede giustizia per Somchai Neelapaijit
di Steve Suwannarat

Cade domani l'anniversario della sparizione dell'attivista per i diritti umani della minoranza malese che abita nel sud della Thailandia. La moglie Angkhana è riuscita per la prima volta a portare il caso in tribunale. Ma nonostante i sospetti nei confronti delle forze dell'ordine, non è stato individuato nessun colpevole.


Bangkok (AsiaNews) - A vent’anni dalla scomparsa dell'attivista per i diritti umani musulmano Somchai Neelapaijit, molti continuano a chiedere che sia fatta luce sulla sua sorte e sulle responsabilità legate alla sua sparizione, avvenuta in un contesto di repressione da parte del governo thailandese contro la minoranza di etnia malese e fede islamica che abita lungo il confine meridionale del Paese.

Esponente di due associazioni di avvocati, Somchai Neelapaijit scomparve a Bangkok il 12 marzo 2004 dopo essersi a lungo battuto per la difesa di coloro che avevano ingiustamente subito la violenza indiscriminata da parte del governo, allora guidato dal primo ministro Thaksin Sinawatra. Diversi individui da lui difesi erano stati oggetto di tortura durante la detenzione militare, una pratica garantita dall’imposizione della legge marziale nella regione.

Nessuno è stato formalmente accusato per la scomparsa dell’attivista, ma si sospettano i membri delle forze di sicurezza al tempo impegnati nelle attività repressive. Cinque membri della polizia furono arrestati poco dopo la scomparsa di Somchai con l'accusa di averlo costretto a salire sulla loro auto, ma nel 2015 furono assolti dalla Corte suprema.

Quello di Somchai è, però, anche l’unico caso di scomparsa a essere stato portato in tribunale grazie alla coraggiosa e instancabile attività della moglie Angkhana. Dal 1980 sono state infatti denunciate 82 sparizioni forzate, che però in Thailandia costituiscono reato solamente da un anno, per cui si sono finora tutte concluse nell’impunità totale.

Pur mancando di qualsiasi preparazione giuridica, dal 2005 Ankhana, infermiera e madre di cinque figli, si è impegnata, nonostante le minacce e le rappresaglie, a cercare verità e giustizia, raccogliendo consensi e anche l’attenzione di organizzazioni per i diritti umani, ispirando a sua volta molte vittime di casi simili. “Rifiutando di cedere alla disperazione dopo la scomparsa forzata del marito, negli ultimi vent’anni Angkhana Neelapaijit ha intrapreso, come difensore dei diritti umani, una ricerca instancabile per la verità e la giustizia”, ha oggi dichiarato in un comunicato il gruppo degli inviati speciali, esperti indipendenti e gruppi operativi delle Nazioni unite.

unnamed_(7).jpg