Violenze in Gujarat, rivive lo spettro del massacro del 2002
di Nirmala Carvalho

Da tre giorni a Vadodara si registrano scontri tra musulmani e polizia dopo la demolizione di un luogo sacro: seii i morti. Sul fuoco soffiano anche gli estremisti indù del Vhp. La condanna del vescovo e di attivisti per i diritti umani contro autorità locali, forze dell'ordine e fondamentalisti.


Mumbai (AsiaNews) – Persone bruciate vive, scontri tra popolazione musulmana, indù e polizia, coprifuoco. Nello Stato del Gujarat, India occidentale, si riaprono le profonde ferite ancora non rimarginate degli scontri interreligiosi del 2002. Da tre giorni a Vadodara (prima conosciuta come Baroda) una folla di estremisti indù fomentata da attivisti del Vishva Hindu Parishad (Vhp, gruppo estremista) anima violente proteste contro la comunità musulmana di minoranza. La polizia a volte rimane a guardare, altre sceglie semplicemente di sparare sulla folla.

I disordini sono iniziati il primo maggio, quando le autorità locali hanno demolito un dargah,il mausoleo di un santo sufi, perché costruito su terra di proprietà statale. Secondo i residenti musulmani della zona, l'amministrazione sapeva che la comunità aveva intenzione di trasferire la "centenaria" costruzione sacra altrove, ma non ne ha tenuto conto.

Le vittime sono salite oggi a 6 dopo che all'una di questa notte un uomo di 38 anni è stato bruciato vivo nella sua macchina lungo la via Ajwar. La folla che ha sferrato l'attacco era guidata da Ashok Thakur e altri noti attivisti del Vhp. Ieri ad un altro uomo è toccata la stessa sorte. Il primo maggio, invece, il bilancio delle violenze tra musulmani e polizia è stato di quattro morti.

Il vescovo di Vadodara, mons. Godfrey de Rozario, condanna l'atteggiamento delle autorità civili, che "dovrebbero mostrarsi sensibili ai sentimenti religiosi della gente, invece di provocarne la rabbia". "Se pensavano che la demolizione era legale - aggiunge - avrebbero dovuto preparare il terreno: le violenze interreligiose del 2002 sono ancora vive nelle nostre menti e le ferite non sono rimarginate".

Nel 2002 è avvenuta la cosiddetta "carneficina del Gujarat", una serie di scontri interreligiosi costati la vita a duemila persone, per lo più musulmani.

Attivisti cattolici per i diritti umani si schierano in difesa della comunità islamica. P. Cedrik Prakash - direttore di Prashant, Centro gestito dai gesuiti che si occupa di diritti umani, giustizia e pace - ammette: "Siamo scioccati da quello che succede a Vadadora; condanniamo le violenze perpetrate da una parte della popolazione, ma anche l'indifferenza della polizia e la sua complicità in questi incidenti". "Tutti quelli che hanno voluto fare giustizia da soli - aggiunge – devono essere arrestati specialmente i membri di gruppi fondamentalisti come il Vhp".

Secondo il gesuita, che segue la situazione in Gujarat dal 2002, "il governo locale ha fallito ancora una volta nel proteggere le minoranze e le loro proprietà". "New Delhi intervenga prontamente per evitare che si ripetano i fatti del 2002".

Per ora in città è in vigore un coprifuoco "a intermittenza". Il ministro degli Interni ha annunciato che nella zona sono in arrivo "5 squadre della Central Riserve Police e 4 della Rapid Action Force".