Ad AsiaNews il card. Patrick D’Rozario lancia un appello “alla pace, alla calma e alla non vendetta”. Per la prima volta leader studenteschi nel governo a interim. Incertezza sul ruolo dell’esercito in vista del voto entro i prossimi tre mesi. Attivisti e analisti sottolineano l’importanza di mantenere la stabilità.
Dhaka (AsiaNews) - Sfide economiche, incertezza politica, la tenuta sociale dopo gli attacchi a cristiani e indù in violazione alla spirito della protesta, la prospettiva di un ritorno al potere dell’opposizioni dopo anni di dominio di Sheik Hasina e Awami League, l’ombra dei militari sulla vita politica e istituzionale. Il Bangladesh è una nazione al bivio, dopo settimane di protesta studentesca conclusa con la fuga dell’ex premier e la nascita di un esecutivo di transizione guidato dal premio Nobel, l’84 enne Muhammad Yunus che vede al suo interno - per la prima volta al mondo - due fra i giovani che hanno guidato i 36 giorni di rivolta. Con il successo del movimento giovanile, i partiti di opposizione ora vedono l’opportunità di riconquistare la leadership anche se devono fare i conti con la mancanza di esperienza che rischia di rappresentare un elemento di criticità e non si escludono nuove tensioni in vista del voto generale.
Dalle vicende che stanno stravolgendo la vita del Bangladesh ha parlato in queste ad AsiaNews il card. Patrick D’Rozario, arcivescovo emerito di Dhaka. “Abbiamo pregato il Signore per molti giorni e sento che quello che è successo è la volontà di Dio - buona o cattiva.. Lui sa tutto” ha sottolineato il porporato. Il cardinale ha lanciato poi un “appello alla pace, alla calma e alla non vendetta” auspicando che il nuovo governo ad interim e i leader studenteschi rispettino “i diritti delle minoranze” peraltro “già richiamati dalla nuova amministrazione” in risposta a una prima ondata di violenze. “Mi appello alle persone [ai vertici] per il rispetto degli esseri umani, dei cittadini del Paese, delle persone di altre religioni ecc. Anche questo - ha aggiunto - è menzionato dalla nuova amministrazione e lo sostengo”. Invocando il principio dell’armonia, il porporato prega che non via sia “discriminazione in alcuna forma […] per coloro che hanno sacrificato la loro vita, per coloro che sono stati uccisi e preghiamo il governo ad interim… Dio benedica il nostro Paese”.
All’occasione per l’opposizione di tornare al potere, si somma un altro fattore che risulterà decisivo per il futuro prossimo del Paese: il ruolo dei militari in un governo che, almeno per il momento, resta guidato da civili. In passato, in occasione della caduta dei governi l’esercito ha spesso assunto il controllo guidando la nazione per lunghi periodi e formando nuovi partiti politico come il Bangladesh National Party (Bnp) e il Bangladesh Jatiya Party (Jatiya Party). Un loro eventuale intervento potrebbe risultare in un ulteriore elemento di crisi. Nel frattempo il premier ad interim Yunus ha già annunciato che i poliziotti coinvolti nelle violenze che hanno causato la morte degli studenti in protesta saranno processati, alimentando ulteriori dubbi sulla possibilità di tenere il voto “giusto ed equo” come avvertono numerosi esperti e analisti.
Interpellato da AsiaNews l’attivista pro diritti umani Khushi Kabir ha sottolineato l’importanza di ripristinare la stabilità, perché considerando “il ritmo con cui vengono uccisi i poliziotti e bruciate le stazioni di polizia è solo una questione di tempo prima che le cose vadano fuori controllo”. Dalla caduta di Hasina, il capo della polizia e un alto ufficiale dell’esercito sono stati destituiti ed è iniziato il rilascio di quanti erano stati arrestati per le proteste, insieme a molti prigionieri politici. I leader dei manifestanti hanno inoltre invocato le dimissioni di diversi giudici dei tribunali di diverso grado, fra cui l’Alta Corte. Vi è infine il tema delle minoranze che rappresentano l’8% circa della popolazione, compresi i cristiani, vittime di crescente persecuzione anche perché in passato storici sostenitori dell’Awami League.
Intanto uno dei leader studenteschi che ha guidato la protesta sfociata nella cacciata di Sheikh Hasina e ora parte del governo a interim invoca un processo per l’ex primo ministro per le uccisioni avvenute nelle scorse settimane, in cui sono morte almeno 300 persone. “Sono curioso di sapere perché ha lasciato il Paese” afferma Nahid Islam, nella prima intervista ai media ieri. Riferendosi all’ex capo dell’esecutivo, al potere per 17 degli ultimi 30 anni, ha aggiunto che “chiederemo giustizia per tutti gli omicidi accaduti sotto di lei, che è stata una delle principali richieste della nostra rivoluzione. Anche se non torna, lavoreremo per questo”.
Il figlio di Hasina, Sajeeb Wazed Joy, dagli Stati Uniti in cui vive da tempo ha affermato che Hasina “tornerà in Bangladesh dall’India” in cui si trova “una volta che saranno annunciate le elezioni” invocate dai movimenti di opposizione entro i prossimi tre mesi. Egli precisa inoltre che la madre, di cui è consulente, non ha rassegnato le dimissioni prima di lasciare il Paese e rifugiarsi in India il 5 agosto scorso. “Mia madre non si è mai dimessa ufficialmente. Non ha avuto il tempo” ha detto Sajeeb Wazed alla Reuters. “Aveva pianificato di fare una dichiarazione e presentare le sue dimissioni. Ma poi i manifestanti hanno iniziato a marciare sulla residenza del primo ministro. E non vi è stato il tempo. Non aveva nemmeno le valigie. Per quanto riguarda la Costituzione, è ancora il primo ministro” e con l’Awami League intende concorrere alle prossime elezioni.
(Ha collaborato Nirmala Carvalho)