Con una lettera il governo cinese aveva intimato alla Malaysia di interrompere le attività legate all'estrazione di petrolio e gas nella zona economica esclusiva, che Pechino contesta. Oltre che con Filippine e Vietnam la tensione sembra destinata a crescere anche con la Malaysia, con le navi della guardia costiera cinese che perlustrano stabilmente la zona delle Secche di Luconia.
Kuala Lumpur (AsiaNews) - L'avvertimento cinese lanciato a Kuala Lumpur settimane fa di non proseguire le attività di esplorazione sui giacimenti di petrolio e gas nel Mar Cinese Meridionale è caduto nel vuoto. Il Paese del Sud-est asiatico sta sfidando i già logori nervi cinesi e aumentando la tensione, continuando le attività estrattive proprio sotto gli occhi delle navi della Guardia costiera cinese che mantengono una presenza costante nella regione.
Secondo Bloomberg News, i dati di monitoraggio costiero a corto raggio mostrano che le navi della guardia costiera cinese hanno alzato la posta in gioco, operando costantemente nelle acque rivendicate dalla Malaysia. L'Asia Maritime Transparency Initiative (AMTI) con sede a Washington, ha rilevato che almeno una nave della Guardia costiera cinese staziona nella zona economica esclusiva o nella piattaforma continentale della Malaysia quasi ogni giorno.
Nonostante questo irrigidimento di Pechino, la Malaysia secondo Bloomberg News non solo sta continuando la sua produzione di petrolio e gas, ma avrebbe anche ampliato l'attività esplorativa nell'area rivendicata da Vietnam e Filippine. Secondo il rapporto, le navi cinesi hanno trascorso la maggior parte del tempo vicino alle Secche di Luconia, un gruppo di scogliere per lo più sommerse a 80 miglia nautiche (150 chilometri) a nord-ovest dello stato di Sarawak, nel Borneo; una posizione che si trova tra diversi importanti progetti malesi di petrolio e gas.
La lettera di Pechino ha spinto il primo ministro Anwar Ibrahim a riconoscere pubblicamente l'annosa disputa, proprio mentre il suo governo cercava di promuovere legami economici più profondi con la Cina. “La Cina è un grande amico, ma naturalmente dobbiamo operare nelle nostre acque e assicurarci un vantaggio economico, comprese le trivellazioni per la ricerca di petrolio nel nostro territorio”, ha dichiarato durante una visita ufficiale in Russia.
Estendendosi dalla Cina continentale e da Taiwan fino alla Malaysia e all'Indonesia, il Mar Cinese Meridionale è una via di navigazione cruciale per il commercio globale, compreso circa il 37% del greggio marittimo mondiale. La Cina ha rivendicato una vasta fascia di acque, basandosi su una vaga mappa del 1940 - la cosiddetta linea dei nove tratti - che è stata ampiamente respinta da altre nazioni e da un tribunale delle Nazioni Unite.
La società statale malese Petronas opera in aree sotto la sua sovranità nazionale nelle acque del Mar Cinese Meridionale. La Malaysia rivendica una zona economica esclusiva (ZEE) di 334.671 kmq a 200 miglia nautiche (370,4 km) dalle sue coste, che comprende gran parte dell'area meridionale di questo grande mare.
Per affermare le sue ampie rivendicazioni, la Cina utilizza una milizia marittima composta da flotte di pescatori e navi della guardia costiera per invadere acque ricche di risorse, bloccando di fatto le altre nazioni come le Filippine e il Vietnam, dallo sfruttare i giacimenti sotto la superficie.
“Sebbene la presenza cinese nelle Secche di Luconia sia continua, non è paragonabile alla portata delle attività più a nord, nelle isole Spratly, dove Pechino ha schierato decine di navi della guardia costiera e centinaia di milizie per contestare le attività filippine nelle acque contese - si legge nel rapporto dell'AMTI -. Tuttavia, con l'espansione delle trivellazioni in Malaysia e un’eventuale riduzione delle tensioni tra Cina e Filippine, Pechino potrebbe aumentare la pressione sulla produzione di idrocarburi della Malaysia”.