Ancora irrisolte questioni come il disarmo di Hezbollah, le frontiere e i rapporti diplomatici con la Siria. Il Paese è diviso in due blocchi che contrappongono anche esponenti cristiani. Il dialogo con l'Islam, secondo l'intuizione di Benedetto XVI, "è possibile sul terreno dell'umano e del sociale", ma non a livello di dottrina.
Parigi (AsiaNews) - Disarmo di Hezbollah, tracciato della frontiera e stabilimento dei rapporti diplomatici tra Libano e Siria: sono questioni la mancata soluzione delle quali rende "purtroppo" necessaria una nuova risoluzione delle Nazioni Unite sul Libano. Lo sostiene, per la prima volta esplicitamente, il patriarca maronita, card. Nasrallah Sfeir, in una lunga intervista al quotidiano "La Croix", concessa all'indomani dell'incontro, a Parigi, con il presidente francese Jacques Chirac. Il patriarca parla anche della situazione interna libanese e del "dialogo interlibanese" che riprende oggi, in un Paese "diviso in due blocchi, quello di Hezbollah e di Michel Aoun, che si appoggia alla Siria e all'Iran" e quello detto del "14 marzo", "guidato da Saad Hariri e sostenuto da Stati Uniti, Europa, Arabia saudita ed Egitto".
La nuova risoluzione sulla questione libanese che Stati Uniti e Francia si preparano a presentare al Consiglio di sicurezza "è una necessità perché finora le risoluzioni già prese non hanno avuto esito. La 1559 chiedeva che le truppe siriane lasciassero il Libano. L'hanno fatto. Ma altre clausole, come il disarmo di Hezbollah, lo stabilimento di rapporti diplomatici tra Libano e Siria e il tracciato dei confini tra i due Paesi, non sono state applicate".
Sul disarmo di Hezbollah, al centro di profondi contrasti nelle passate sessioni del "Dialogo interlibanese" e previsto terreno di scontro in quella che si apre oggi, il cardinale sostiene che "bisogna trovare un compromesso. Ciò può realizzarsi forse con il dialogo franco e aperto, oppure con una certa pressione esterna, che non sia violenta".
Il no del cardinale alla violenza torna nelle affermazioni del cardinale anche su altri due temi scottanti: le divisioni tra i cristiani maroniti e la contestata proroga della presidenza della Repubblica.
"Che si mettano d'accordo", dice a proposito delle tensioni tra Michel Aoun e Samir Geagea, capo delle Forze libanesi, "finora non l'hanno fatto", aggiunge ricordano che "le divisioni in passato hanno provocato sconfitte brucianti".
Quanto al mandato del presidente Emile Lahoud, prorogato di tre anni nel 2004, su pressioni siriane, il card. Sfeir ricorda di essersi opposto alla proroga, "perché in passato una manovra di questo genere non ha mai portato del bene al Paese". "Ma ora è fatto". "Alcuni aggiunge hanno voluto forzarlo a dimettersi. Io sono stato contrario, perché è pericoloso per il Libano e ci sarebbero nuovamente state delle vittime".
Il card. Sfeir parla poi delle ripercussioni sul Paese dei cedri delle tensioni dell'intera regione. Che continueranno "finché non ci sarà uno Stato palestinese con buoni rapporti con Israele".
"Un momento difficile", infine, è quello dei rapporti tra cristiani e musulmani in Libano. "Tutti i libanesi afferma - sono coscienti di dover vivere insieme, malgrado le difficoltà, che sono reali. Non si può essere divisi a seconda dell'appartenenza religiosa. Gli stessi musulmani dicono che senza i cristiani il Libano non sarebbe più il Libano. Come disse Giovanni Paolo II, il Libano è un esempio di pluralismo e di democrazia, un Paese nel quale si può vivere insieme e accettarsi. E' anche un esempio per l'Europa, nella quale i musulmani sono già un po' dappertutto". E, a proposito di islam, il patriarca sottolinea la scelta di Benedetto XVI, per il quale "il dialogo tra cristiani e musulmani è possibile sul terreno dell'umano e del sociale. Ma non può avanzare a livello della dottrina, perché ogni religione ha la sua. Siamo tutti credenti, ma i musulmani hanno la loro concezione di Dio e noi la nostra".
A Beirut, intanto, la ripresa del dialogo, scrive l'autorevole "L'Orient Le jour", "si terrà come sempre in un'atmosfera di tensione politica quasi generalizzata, anche se gli ultimi tentativi del presidente della Camera, Nabih Berri di calmare le acque, sono in parte riusciti". All'ordine del giorno, "secondo alcuni per l'ultima volta", il dossier sulla presidenza della Repubblica, "ma le attese sono praticamente nulle, visto lo scacco di tutte le trattative precedenti". "Gli sguardi si posano già sulla spinosa questione delle armi di Hezbollah".