Nella lettera aperta che ogni anno il gruppo guidato da Ding Zilin, in occasione dell'anniversario del 4 giugno, pubblica, le "Madri" chiedono una "revisione storica del giudizio di condanna nei confronti del movimento democratico" e il risarcimento delle vittime.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) Il governo cinese "deve convincersi" della "necessità storica" di una "revisione del giudizio di condanna del movimento studentesco di piazza Tiananmen", deve "aprire un'inchiesta e punire i colpevoli del massacro che lo ha stroncato", oltre a dover "risarcire ed assistere le famiglie delle vittime".
Sono le richieste delle "Madri di Tianammen", che tramite una lettera aperta - resa nota oggi dal gruppo umanitario Human Rights in China ricordano il prossimo anniversario della strage, il 17°, che il 4 giugno 1989 ha "bagnato di sangue innocente le strade di Pechino".
Le "Madri di Tiananmen" è un gruppo formato da 125 familiari delle vittime della strage del 4 giugno 1989 in piazza Tiananmen, quando le truppe dell'esercito nazionale, appoggiate dai carri armati, massacrarono i manifestanti inermi che da oltre un mese invocavano democrazia e la fine della corruzione per la società cinese, nelle strade della capitale. Il bilancio di quel massacro non è mai stato pubblicato dal governo, ma organizzazione internazionali indipendenti dicono che attorno alla piazza, nelle vie laterali e nei giorni seguenti al 4 giugno sono stati uccisi alcune migliaia di persone. Il gruppo è guidato da Ding Zilin, professoressa universitaria in pensione che perse negli scontri il figlio 17enne, Jiang Jielian.
La lettera aperta è divisa in sei parti. Nella prima, le "Madri" ricostruiscono gli avvenimenti di quella tragica notte e spiegano la loro attività, che consiste soprattutto nel rintracciare e assistere le famiglie delle persone che furono uccise sulla piazza e nei dintorni. Ad oggi, il gruppo è riuscito ad identificare 186 persone che sono state uccise e 70 che sono state ferite. "Si tratta - sottolineano - di una piccola percentuale delle persone che persero la vita che, secondo le stime, sarebbero centinaia".
La seconda parte della lettera e' dedicata ad illustrare il metodo di protesta non-violenta scelto dal gruppo e i suoi slogan: "Dire sempre la verità", "Non dimenticare mai", "Cercare di ottenere giustizia" e "Fare appello alle coscienze". Questi slogan si rifanno a quelli degli studenti e degli operai che, alla fine degli anni '80, hanno dato vita al movimento pro-democrazia ed anti-corruzione proprio con l'intenzione di "appellarsi alle coscienze tramite la verità e la giustizia".
Nella terza parte del documento le "Madri" ricordano che i loro principi basilari sono quelli di "preservare la dignità delle vittime" e quello di "rifiutare l' evasione dei principi della legalità tramite soluzioni amministrative e trattative private".
Inoltre, il gruppo presenta alle autorità cinesi una serie di richieste immediate: mettere fine a tutte le attivita' di controllo e di limitazione della liberta' delle vittime; permettere che le famiglie commemorino i loro cari scomparsi; mettere fine alle interferenza con gli aiuti che vengono sia dalla Cina che dall' estero; fornire aiuto umanitario alle persone che continuano a soffrire psicologicamente o finanziariamente a causa della repressione; rimuovere le discriminazioni politiche e sociale contro le vittime; restituire i diritti e il benessere fisico delle persone detenute, imprigionate o disoccupate a causa della loro partecipazione al movimento democratico del 1989. Fino ad oggi, Pechino non ha mai risposto alle "Madri" che, in ogni anniversario del massacro, vengono di fatto messe agli arresti domiciliari.
Nel suo giudizio ufficiale, il Partito Comunista Cinese ha definito il movimento studentesco del 1989 un "moto controrivoluzionario": in risposta, la lettera dello scorso anno si apriva con un'accusa al governo stesso, che "non ha ancora chiesto perdono per le atrocità perpetrate" ed onora come degli dei Mao Tse-tung e Deng Xiaoping "le cui mani sono lorde del sangue del popolo, e che hanno portato sciagure mai raccontate alla nostra nazione".