Contadini bhutanesi, vittime del piano di sviluppo agricolo del governo
di Prakash Dubey

Il sistema lanciato dal governo prevede che siano i contadini stessi "in pieno spirito di fratellanza e sacrificio" a pagare con il lavoro nei campi la metà del costo di ogni operazione di sviluppo. Dal lancio del progetto, 100 mila rurali hanno abbandonato le campagne.


Thimphu (AsiaNews) – Il progetto di sviluppo agricolo lanciato dal governo per "migliorare l'economia delle campagne" è divenuto un cappio intorno al collo di 400 mila contadini, fra i più poveri abitanti della regione. Il sistema – chiamato Zhabto Lemey – prevede infatti che i beneficiari del progetto paghino la metà del costo di ogni operazione con il lavoro sui campi.

Per il governo, questa situazione "è una scelta volontaria dei contadini" ed il sistema "è ottimo, perché migliora lo spirito di solidarietà e di sacrificio di tutta la nazione: sono loro che costruiscono la propria prosperità".

Ramesh Purohit, che lavora per una compagnia edile, spiega ad AsiaNews: "La verità è che il progetto strappa la campagna dai piedi dei contadini e la fa divenire un ghetto urbano, con tutto ciò che questo cambiamento comporta". "Sono circa 100mila i contadini che sono scappati dai loro villaggi per evitare quelli che sono veri e propri lavori forzati: – aggiunge – questo è uno spostamento imponente per una zona del Paese che conta 600mila abitanti".

"Il governo – dice ancora Purohit - chiede ai contadini non solo di lavorare per lo sviluppo dei loro villaggi: devono trasportare per le montagne del Bhutan i materiali che servono a costruire le strade e questo li ferisce, nel fisico e nello stile di vita. Sono costretti, con molta fatica, a distruggere il loro habitat e per questo preferiscono scappare".

Le strade sono poi "una minaccia forse più grave dal punto di vista sia economico che culturale. Lo scopo è solo quello di trasformare le vecchie mulattiere in comode corsie con cui si possa raggiungere i campi coltivati con facilità e comprare a poco prezzo i prodotti della terra".

Le vittime più colpite dal sistema sono i cittadini di origine nepalese e di religione non buddista che vivono nella parte sud-occidentale del Paese: questi, per la maggior parte cristiani o indù, vivono di agricoltura e non possono abbandonare i loro villaggi in quanto troppo poveri per spostarsi. Inoltre il governo non riconosce loro i pieni diritti civili e quindi non gli permette di operare scelte libere come l'emigrazione nelle città.

Il Zhabto Lemey è stato contrastato con durezza anche nell'Assemblea nazionale bhutanese. Dorji Wangchuck, deputato, ha spiegato che il lavoro forzato a cui sono obbligati i contadini lascia loro troppo poco tempo per lavorare la propria terra e che "senza lavorare non possono vivere". Quindi, insieme ad altri deputati, ne ha chiesto l'immediata abolizione: il governo ha risposto con un secco rifiuto ed ha annunciato che il sistema rimarrà in vigore almeno fino alla fine del 2008.