Mosul aspetta il "miracolo" della pace in Iraq

AsiaNews ha raccolto storie da Mosul, capitale della provincia di Ninive, considerata dagli stessi deputati iracheni una zona "dimenticata" nel nuovo Iraq. I soldi stanziati per la ricostruzione non danno frutti, manca elettricità, acqua e si vive nel terrore di kamikaze. In molti emigrano, altri, tra cui i cristiani, si sforzano di continuare a sperare: l'ordinazione di un sacerdote e la prima Comunione di 82 bambini caldei.


Mosul (AsiaNews) – Ninive, con la sua capitale Mosul, è "una provincia dimenticata nel nuovo Iraq". A riconoscerlo è una Commissione parlamentare irachena, che ha visitato per diversi giorni la zona al fine di verificarne le condizioni di sicurezza e i livelli dei servizi pubblici e amministrativi. I racconti di vita quotidiana arrivati ad AsiaNews dalla provincia confermano una situazione che non accenna a migliorare, con i civili stretti tra il terrore degli incessanti kamikaze, la mancanza di elettricità, la paura di recarsi al mercato e andare a messa. Ma nonostante tutto, c'è ancora chi si sforza di trovare motivi di speranza, anche grazie alla fede.

Dopo aver visitato la provincia, il deputato Usama al-Najafi, capo della Commissione, ha chiesto al Parlamento misure urgenti per migliorare la situazione nella seconda città più grande dell'Iraq.

Abitanti cristiani di Mosul raccontano che, da quando il mese scorso è stato ucciso al- Zarqawi, l'uomo di al-Qaeda in Iraq, la situazione non è migliorata, anzi. "Tre settimane fa – ricorda un giovane caldeo – un'autobomba esplosa nel mezzo di una zona civile, vicino all'università, ha ucciso almeno 10 giovani e seminato una distruzione enorme". "Lo stesso giorno un'altra bomba è scoppiata nei pressi della Chiesa caldea del Santo Spirito, ferendo numerose persone", aggiunge il cristiano, testimone oculare dell'attentato.

"In città ci sono una o due esplosioni al giorno – riferisce una mamma di famiglia – senza calcolare le numerose persone uccise per denaro o su base etnica e confessionale: di recente nel mio quartiere (nella parte sinistra dal fiume Tigri) sono morti quattro fratelli e un nipote solo perché sciiti in una città di sunniti".

A Mosul manca acqua, benzina, gas ed elettricità. Il governo, secondo i media locali, ha stanziato ingenti somme di denaro per la ricostruzione, ma non se ne vedono i risultati. "Non c'è traccia – ammette il deputato Najafi – dei soldi destinati alla provincia di Ninive e non ho idea di come siano stati spesi; è necessario controllare la trasparenza del budget provinciale".

"Ogni cosa, anche la più piccola, comporta difficoltà enormi, tranne uccidere" dice una donna. Le storie raccolte ad AsiaNews parlano di commercianti costretti a chiudere l'attività e a partire in cerca di un nuovo modo per guadagnarsi da vivere; ma anche di famiglie barricate in casa per paura di essere rapite o uccise. C'è chi si trasferisce nel più sicuro Kurdistan, ma non tutti possono permetterselo, perché "è molto costoso".

Nella grande insicurezza c'è comunque qualche barlume di speranza. Il 3 luglio scorso la comunità della parrocchia del Santo Spirito a Mosul ha vissuto un "giorno di grande gioia" per l'ordinazione sacerdotale di p. Basman George (nella foto). Lo racconta il parroco, p. Ragheed Ganni, il quale aggiunge: "Mentre continuano quotidiani gli scontri tra polizia e ribelli, 82 bambini frequentano il catechismo per prepararsi alla Prima Comunione". "Io e gli altri sacerdoti – conclude p. Ganni – cerchiamo di far sentire alla gente il potere della fede e di infondere la speranza in un miracolo. Perchè questo per noi oggi è la pace in Iraq: un miracolo". (MA)