P. Antonio Didoné, abbracciato dal papa e dai cinesi di Taiwan
di Bernardo Cervellera

Il sacerdote camilliano ha speso oltre 40 anni a curare i bambini poveri ed ammalati nell'isola di Taiwan. Suo fratello, camilliano anche lui, racconta ad AsiaNews la missione di p. Antonio.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Fra gli ospiti speciali del papa all'udienza di oggi vi è p. Antonio Didoné, camilliano di 73 anni, 48 anni di sacerdozio, quasi tutti spesi a Taiwan a lavorare come medico fra i poveri. Sei anni fa P. Antonio è stato colpito da una paralisi progressiva che ormai gli blocca le gambe e la parola. Costretto su una sedia a rotelle, o trascinato a spalla, solo gli occhi rimangono vivi come quelli di un bambino. Pur così malato, p. Antonio ha voluto anticipare i suoi 50 anni di sacerdozio e visitare il papa a Roma e la sua terra natale, Ca' Onorai, in provincia di Padova. Domenica 27 tutto il paese lo festeggerà.  Sarà presente anche l'on. Chou Sen Tou, ambasciatore di Taiwan presso la Santa Sede, insieme a 14 membri della comunità taiwanese in Italia.

Ad accompagnare p. Antonio vi è suo fratello Giuseppe, camilliano anche lui, di 10 anni più giovane. Gli ultimi 30 anni li hanno passati insieme a Taiwan. Da p. Giuseppe veniamo a sapere qualche notizia sulla vita di p. Antonio.

Nel '59, un anno dopo la sua ordinazione, Antonio è stato inviato a Taiwan, a lavorare in un piccolo dispensario sull'isola di Penghu (Pescadores), mentre studiava il taiwanese. I missionari camilliani avevano aperto da poco le loro missioni a Taiwan, utilizzando padri scacciati dalla Cina di Mao.

P. Antonio rimane colpito dall'estrema povertà della popolazione e dalla mancanza per loro di cure mediche e così, nel '66 decide di ritornare in Italia per laurearsi in medicina, specializzandosi in pediatria.

Nel '77 viene poi trasferito a Luodong, sulla costa orientale dell'isola, fra cinesi e tribali poverissimi. Se qualcuno si ammalava e aveva bisogno di cure specialistiche (e poteva pagarsele), doveva andare a Taipei, affrontando un viaggio di almeno 8 ore. P. Antonio diviene presto direttore del piccolo ospedale camilliano St. Mary e lo fa crescere  fino a renderlo uno dei migliori dell'isola, capace di offrire ormai cure specialistiche in tutti i rami. Ogni giorni vengono curati in ambulatorio almeno 1500 malati. "Quest'ospedale – racconta p. Giuseppe – all'inizio era una delle poche strutture sanitarie in cui la gente povera poteva essere curata gratis. Questo ha fatto aumentare la stima del cattolicesimo fra la gente di Taiwan. Alcuni anni fa, per allargare alcune sezioni, abbiamo lanciato una sottoscrizione: molti che 50 anni fa sono stati curati gratis, ora che si sono fatti una posizione, non si sono dimenticati e ci hanno molto aiutato. E la maggioranza di questi donatori è non cristiana".

P. Antonio è molto amato perché essendo pediatra, ha aiutato molti bambini nella crescita. Con lui i camilliani hanno anche aperto sezioni per la cura di handicappati e per i malati terminali. Nel 1996 il governo di Taiwan gli ha consegnato il premio di "Medico buono".

Dal 2000, p. Antonio non riesce a camminare, a causa della sua paralisi, ma la sua testimonianza commuove ancora molti taiwanesi. Chen Yan, un maestro buddista, presidente della Fondazione caritativa Tzu  Chi di Hualian, cita spesso p. Antonio come esempio di dedizione. "P. Didoné – scrive – ha davvero dedicato tutta la sua vita al servizio medico a Taiwan… I semi di amore che seminiamo e facciamo crescere, un giorno diverranno alberi così grandi da offrire ombra e riposo a molte persone".

Seppure malato, p. Antonio non vuole abbandonare Taiwan. Nel 2000, era stato portato in Italia per cercare di curare la sua paralisi. Ma dopo un anno di cure, egli ha voluto ritornare a Luodong.

È lui che ha voluto anticipare i festeggiamenti del 50mo di sacerdozio (mancano ancora due anni). Ma ha già fatto capire che dopo questi giorni il suo posto è ancora a Taiwan, fino a quando il Signore lo chiamerà.