Giovane cristiano arrestato per blasfemia in Pakistan
di Qaiser Felix

Contro di lui non ci sono prove, né testimoni. L'accusa, violando la legge, si serve delle dichiarazioni di un altro imputato che avrebbe commesso il crimine insieme al ragazzo.


Faisalabad (AsiaNews) – Un caso di semplice furto in Pakistan si è trasformato nell'ennesima denuncia di blasfemia ai danni di un giovane cristiano. Shahid Masih, 17 anni, ora è in custodia cautelare a Faisalabad, dove non riceve visite neppure dalla famiglia, terrorizzata dalle possibili ritorsioni dei fondamentalisti islamici.

Lo scorso 11 settembre il ragazzo è stato arrestato insieme al compagno musulmano, Muhammad Ghaffar, per aver strappato pagine dal tafseer, un libro che spiega i versi del Corano. I due sono accusati di aver violato la sezione 295 B del Codice penale, meglio conosciuta come Legge sulla blasfemia, che prevede l'ergastolo per chi dissacra il Corano.

A denunciare alla polizia i giovani è stato Arshad Masood, il dottore di una clinica vicino all'abitazione del cristiano. Secondo il medico, i due avrebbero agito di notte, in sua assenza, stracciando il volume che lui teneva per studio nella sua clinica.

Il caso sembra, però, l'ennesimo abuso di una legge, di cui da anni nel Paese si chiede l'abrogazione. Ad AsiaNews la madre di Shahid, Alice Munawar, racconta che 15 giorni prima il dottor Masood aveva avvertito il fratello maggiore di Shahid del furto di alcuni medicinali avvenuto nella sua clinica e del fatto che era ben intenzionato a trovare i colpevoli.

Il 10 settembre - continua la donna -  quattro uomini della polizia sono venuti a cercare Shahid, che non era in casa, e ci hanno riferito che Masood lo aveva denunciato per blasfemia. "Abbiamo ammesso che nostro figlio fa uso di droghe – ha detto Alice – ma per il resto non ha nulla a che fare con questioni religiose. Viviamo qui da anni e abbiamo sempre avuto buoni rapporti con Masood, che spesso ci ha curati".

Anche Ejaz Ghauri, presidente della Human Dvelopment Net (HDN), sostiene l'infondatezza delle accuse. Per due giorni l'uomo ha visitato la famiglia e i parenti di Shahid Masih per ricostruire i fatti. "Non ci sono prove, né testimoni – ha dichiarato – il caso è del tutto falso". Secondo Ghauri, si tratta di un semplice caso di furto (i due avrebbero rubato i medicinali con cui drogarsi), "ma non vi sono tracce di una premeditata volontà di offendere l'Islam".

A difendere Shahid sarà l'avvocato cattolico Khalil Tahir, presidente dell'Adal Trust, una Ong di Faisalabad, il quale si è offerto gratuitamente di aiutare la famiglia del giovane cristiano. È lo stesso Tahir a spiegare, inoltre, che la denuncia di blasfemia non si regge in piedi. L'unico testimone della presunta colpevolezza di Shahid è il compagno Ghaffar, anche lui coinvolto nelle accuse e che ha detto di aver compiuto il gesto insieme al giovane cristiano. "La legge pakistana – dice l'avvocato – stabilisce che le dichiarazioni di un imputato non possono essere usate contro o in favore di altre persone".

Tahir è lo stesso legale che ha combattuto per la causa del cattolico Javed Anjum, ucciso nel 2004. In relazione all'omicidio, nel marzo scorso, due religiosi islamici sono stati condannati all'ergastolo.