La scelta del dialogo non nasconda l'identità cristiana
Benedetto XVI all'udienza generale afferma che quando si parla di identità, ciò comporta "la forza, la chiarezza e il coraggio della provocazione che sono propri della fede".

Città del Vaticano (AsiaNews) – Dialogo sì, ma senza nascondere la propria fede, perché, ricorda il Papa, evidenziare "le linee maestre e irrinunciabili" della fede è per il cristiano "un dovere" da eseguire con la stessa "ferma costanza" con la quale va proseguita la "via dell'indulgenza e del dialogo" intrapresa dal Concilio. Avendo presente che quando si parla di identità cristiana, ciò comporta "la forza, la chiarezza e il coraggio della provocazione che sono propri della fede". "Il dovere" di manifestare la propria identità e la pacifica coesistenza di persone di diverse categorie sociali unite dalla stessa fede sono stati i temi dei quali Benedetto XVI ha parlato oggi alle 35mila persone presenti in piazza San Pietro per l'udienza generale.

Proseguendo nella illustrazione delle figure degli apostoli, il Papa ha parlato oggi di Simone il Cananeo e Giuda Taddeo. Provenienti da realtà sociali del tutto diverse essi sono "segno evidente che Gesù chiama i suoi discepoli e collaboratori dagli strati sociali e religiosi più diversi, senza alcuna preclusione. A Lui interessano le persone, non le categorie sociali o le etichette! E la cosa bella è che nel gruppo dei suoi seguaci, tutti, benché diversi, coesistevano insieme, superando le immaginabili difficoltà: era Gesù stesso, infatti, il motivo di coesione, nel quale tutti si ritrovavano uniti. Questo costituisce chiaramente una lezione per noi, spesso inclini a sottolineare le differenze e magari le contrapposizioni, dimenticando che in Gesù Cristo ci è data la forza per comporre le nostre conflittualità".

Ricordando poi l'attribuzione a Giuda Taddeo di una lettera nella quale duramente vengono criticati "coloro che prendono pretesto dalla grazia di Dio per scusare la propria dissolutezza e per traviare altri fratelli con insegnamenti inaccettabili, introducendo divisioni all'interno della Chiesa", Benedetto XVI ha rilevato che oggi non si usa più un linguaggio "così polemico" per "dire con molta chiarezza sia ciò che rimane distintivo del cristianesimo, sia ciò che è incompatibile con esso. La via dell'indulgenza e del dialogo, che il Concilio Vaticano II ha felicemente intrapreso, va sicuramente proseguita con ferma costanza. Essa tuttavia non deve far dimenticare il dovere di ripensare e di evidenziare sempre con altrettanta forza le linee maestre e irrinunciabili della nostra identità cristiana. D'altra parte, occorre avere ben presente che questa nostra identità non si gioca su di un piano semplicemente culturale né ad un livello superficiale, ma richiede la forza, la chiarezza e il coraggio della provocazione che sono propri della fede".

"Si vede bene - ha concluso il Papa - che l'autore di queste righe vive in pienezza la propria fede, alla quale appartengono realtà grandi come l'integrità morale e la gioia, la fiducia e infine la lode, essendo il tutto motivato soltanto dalla bontà del nostro unico Dio e dalla misericordia del nostro Signore Gesù Cristo. Perciò, tanto Simone il Cananeo quanto Giuda Taddeo ci aiutino a riscoprire sempre di nuovo e a vivere instancabilmente la bellezza della fede cristiana, sapendone dare testimonianza forte e insieme serena".