Timori per il papa in Turchia, dopo la condanna dell'assassino di don Santoro

La frettolosa sentenza lascia molte ombre: testimoni oculari non ascoltati e nessuna indagine sui mandanti. La madre del condannato ha lodato l'uccisione definendola "un dono per lo stato e la nazione". L'ambiente nazional-islamico rischia di creare problemi alla visita del pontefice.


Roma (AsiaNews) – La sentenza per O.A., il giovane 16enne condannato per l'assassinio del sacerdote romano don Andrea Santoro a Trabzon, mentre pregava nella chiesa di santa Maria, lascia aperte molte questioni. Mentre la madre del giovane lo difende, dicendo che egli "ha commesso un atto nel nome di Allah", mons. Padovese, vicario apostolico per l'Anatolia, ha qualche timore per l'imminente visita del papa in Turchia. "È terribile  - ha detto ad AsiaNews - che per tutto il processo, né il ragazzo, né la madre abbiano mostrato alcuna resipiscenza verso l'assassinio, anzi hanno espresso quasi la voglia di ripeterlo… Se la stampa mantiene questo atteggiamento di difesa del gesto… ci potranno essere difficoltà", soprattutto da parte dei gruppi nazional-islamici.

Ieri la corte di Trabzon – dopo ben 9 rinvii perché non c'era verdetto comune – ha condannato il presunto assassino a una pena di 18 anni e 10 mesi. Con ogni probabilità, data la sua giovane età e altri accorgimenti, il ragazzo passerà 7 o 8 anni in prigione. Il governo turco voleva concludere velocemente il caso, imbarazzante nei confronti dell'Europa. Ma molti esprimono perplessità perché a causa di questa fretta, non sono stati considerati alcuni importanti elementi. Sebbene O.A. sia stato dichiarato l'assassino, Loredana P. testimone oculare italiana, che si trovava in chiesa al momento dell'assassinio - in quel periodo era a Trabzon come volontaria nella parrocchia di Santa Maria -  continua ad affermare che la voce e il braccio di colui che ha sparato non poteva essere certo quella di un ragazzo. Eppure, la sua testimonianza non è neppure stata ascoltata nelle sedute del processo, svoltesi a porte chiuse, senza nessun rappresentante ecclesiale, né italiano.

Un altro elemento non approfondito è la pistola con cui il giovane avrebbe sparato. Un'arma dello stesso tipo è stata usata per l'assassinio di Mustafa Yucel Ozbilgin , giudice dell'Alta corte, lo scorso maggio. L'arma è piuttosto costosa. Come ha fatto O.A. a procurarsela? E se era del padre – la famiglia dell'omicida non è ricca -  come l'ha avuta?

Un altro punto oscuro è il fatto che la corte non abbia analizzato in profondità l'ambiente da cui è nato l'assassinio.

Appena terminato il processo, è stato chiesto alla madre del ragazzo cosa provava. La sua risposta sembra quasi un'apologia di reato: "Fosse in carcere – ha detto - per essere andato contro le regole dello Stato e contro la Legge, per noi sarebbe una vergogna e una maledizione, ma è stato punito per aver commesso un atto nel nome di Dio, perciò non ho nulla da dire. Confido nella giustizia umana e divina".

Per tutto il processo la madre ha sempre difeso il figlio assassino, senza mostrare alcun pentimento. Ha detto che il gesto del figlio "è un dono per lo stato e per la nazione", che suo figlio condannato "è una vittima per Allah". Ieri l'ha perfino paragonato ad Ali Agca, l'attentatore di Giovanni Paolo II, e ha suggerito al figlio di gridare "Allah Akhbar", Allah è grande.

O.A. è stato difeso anche dal fratello, che ha ributtato la colpa del gesto sulle provocazioni dell'occidente, il loro "attacco contro la nazione," accusando l'occidente e i "cani americani" di essere la causa di tutti i mali.

"Si vede bene – ha detto mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia - che il sottofondo da cui è nato l'assassinio di don Santoro è una matrice nazionalista di tipo islamico. Questo ambiente fa paura perché esprime ancora l'anima di una  parte della Turchia che si irrigidisce sempre più e giustifica ogni violenza. È terribile che per tutto il processo, né il ragazzo, né la madre abbiano mostrato alcuna resipiscenza verso l'assassinio, anzi hanno espresso quasi la voglia di ripeterlo".

Papa Benedetto XVI si recherà in Turchia a fine novembre. "Spero – aggiunge mons. Padovese - che questo non abbia ripercussioni sulla visita del Santo Padre in Turchia. In questi giorni i giornali hanno dato poco spazio al processo e alla condanna dell'assassino di don Santoro, perché discutono e condannano la richiesta della Francia di riconoscere il genocidio armeno.

La sentenza potrà avere qualche influenza sul viaggio del papa se la stampa mantiene questo atteggiamento di difesa del gesto e di accusa alla Chiesa: don Andrea Santoro è stato accusato – falsamente – di proselitismo, di aver comprato conversioni e costretto alla fede cristiana giovani musulmani. Se la stampa continua a tambureggiare su questa linea, ci potranno essere difficoltà. Non tanto da parte del governo, ma da parte di gruppi nazional-islamici".