Tokyo e Washington approvano misure unilaterali nei confronti di Pyongyang e premono per inserire l'uso della forza armata nelle sanzioni Onu. Pechino chiede calma, ma si dice d'accordo per una risposta dura. Seoul tentenna.
Seoul (AsiaNews) La pressione americana sul programma nucleare della Corea del Nord è "una dichiarazione di guerra" che "se dovesse continuare" verrà affrontata "con l'adozione di conseguenti misure concrete": lo stesso avverrà "in caso di sanzioni Onu che prevedano l'uso della forza"
Lo ha dichiarato oggi il regime stalinista guidato da Kim Jong-il, che affida ai quotidiani nazionali governativi il compito di rispondere alle dichiarazione rilasciate da Washington, Seoul, Tokyo e Pechino in relazione al test nucleare che Pyongyang avrebbe compiuto il 9 ottobre scorso.
I governi coinvolti più da vicino da un'ipotetica crisi nucleare sono nel frattempo in piena trattativa alle Nazioni Unite per preparare le sanzioni da applicare alla Corea del Nord come "punizione" per l'uso del nucleare.
Tokyo e Washington premono per una linea dura e chiedono di inserire l'uso della forza militare, previsto dalla carta dell'Onu, come "deterrente" per altri esperimenti: entrambi i governi hanno poi approvato sanzioni unilaterali simili come il bando delle navi e delle merci nordcoreane dal suolo nazionale e il blocco dell'invio di aiuti umanitari.
Pechino si è detta d'accordo per l'embargo delle merci ed il bando delle navi, ma avverte che il riferimento alla forza "farebbe solamente salire ancora di più la tensione nell'area" e, insieme a Mosca, indica nella diplomazia la via più sicura da seguire "fino ad ulteriori sviluppi".
Più complesso il caso della Corea del Sud: Seoul, che da anni pratica la politica "del sole splendente" e cerca in ogni modo di favorire la cooperazione con il Nord, deve fare i conti con la popolazione che non intende più permettere al governo di inviare aiuti umanitari ed economici "a chi potrebbe distruggerli".
Secondo Shin Ki-nam, parlamentare di maggioranza e presidente della Commissione intelligence del Parlamento coreano, "la reazione popolare è comprensibile", ma non si deve "giungere alla conclusione che la politica del sole splendente sia un fallimento".
Shin ha spiegato infatti che "il test nucleare ha senza alcun dubbio cambiato i rapporti bilaterali con il nord, ma non per questo la nostra politica è stata errata. Certo, senza cambi di atteggiamento drastici non potremo condurre con successo altri progetti comuni per molto tempo".
Alla reazioni internazionali risponde da Pyongyang Kim Yong-nam, numero due del regime, che minaccia: "La questione dei futuri test nucleari è legata alla politica Usa verso il nostro Paese ed alle risoluzioni adottate dall'Onu".