Malaysia: gli inglesi ammirano la nostra "armonia religiosa"

Secondo il vice premier britannico Prescott, Kuala Lumpur ha lavorato bene nel promuovere rispetto tra le diverse etnie e libertà religiosa. Ma nel Paese sono vietati ancora dibattiti pubblici su questioni di fede, proselitismo tra i non musulmani e una cristiana convertita dall'Islam lotta ancora perché le autorità riconoscano la sua scelta.


Kuala Lumpur (AsiaNews) – La Gran Bretagna guarda con ammirazione ai buoni risultati del dialogo interreligioso nella promozione della tolleranza e dell'armonia sociale in Malaysia. Lo ha sostenuto oggi il vice primo ministro malaysiano Najib Razak citando le parole della sua controparte britannica, John Prescott, in Malaysia dallo scorso 28 ottobre per una visita di quattro giorni.

Nel Paese multietnico, però, è ancora in vigore il bando su discussioni di carattere religioso stabilito dal governo l'estate scorsa e la coesistenza di corti islamiche e civili crea ancora non poche difficoltà a chi, ad esempio, voglia convertirsi dall'Islam.

Secondo quanto dichiara Najib, il vicepremier britannico ha apprezzato la libertà dei non musulmani di praticare la loro fede in un Paese dove l'Islam è la religione ufficiale. La maggior parte dei 16 Stati che compongono la Malaysia hanno leggi che proibiscono il proselitismo di altre religioni tra i musulmani. A luglio il premier Abdullah Ahmad Badawi ha invitato le rimanenti quattro amministrazioni ancora sprovviste della normativa ad introdurla. Nel 2004 lo stesso premier aveva imposto che la versione in lingua malay della Bibbia doveva riportare sulla copertina la specifica "Non per i musulmani" e che il testo sacro fosse distribuito solo in librerie e chiese cristiane. L'Umno - Organizzazione nazionale dei malay uniti, il partito al governo di cui è presidente Badawi - porta avanti da tempo una politica tesa a sostenere l'Islam per favorire l'etnia maggioritaria malay.

Prescott, continua Najib, ritiene inoltre che il dialogo tra le religioni in Malaysia promuova il rispetto tra le diverse comunità e permetta il confronto necessario a comprendere le posizioni degli altri. Badawi, ritenuto un moderato, ma sotto pressione da parte delle influenti fazioni islamiche, sembra ritenere la libertà religiosa più una fonte di conflitti che un diritto umano da proteggere. A fine luglio scorso il primo ministro ha decretato la sospensione del dibattito interreligioso nel Paese, perché causa di "tensioni nella nostra società dove convivono fedi differenti". La decisione è stata dettata dalle accese polemiche suscitate dal caso di Lina Joy, la donna musulmana convertita al cristianesimo, che si batte per il riconoscimento della sua scelta. Lina Joy, essendo di etnia malay, è considerata "d'ufficio" musulmana e "non può cambiare religione". Tutte le questioni religiose dei malay  - anche la loro conversione ad altre religioni - vanno giudicate dalla corte islamica e non dalle leggi generali del Paese.

L'art. 11 della Costituzione prevede la libertà religiosa, ma nell'esperienza quotidiana sono numerose le denunce di discriminazioni compiute da parte della maggioranza sunnita del Paese di etnia malay. Su una popolazione di 24.385.858 abitanti in Malaysia il 47,7% è musulmano il resto è diviso tra cristiani, induisti e buddisti e culti come quello sciamanico.