Il "papa degli indù" attacca le conversioni cristiane; i nazionalisti "riportano alla fede" i dalit
di Nirmala Carvalho

Swarni Swarupanada Saraswati, leader spirituale dell'induismo, definisce immorali le conversioni proprio mentre i nazionalisti indù da lui protetti "riconvertono" dei fuori casta che non sono mai stati cristiani.


Bhubaneshwar (AsiaNews) – Il cosiddetto "papa degli indù", Swarni Swarupanada Saraswati, ha condannato "con tutta la forza possibile" le conversioni ad altre religioni ed ha chiesto al governo "una legge che proibisca ogni cambiamento di credo".

Allo stesso tempo, le formazioni nazionalisti paramilitari da lui protette annunciano 10mila "riconversioni" all'induismo per il prossimo anno.

Saraswati, leader del monastero indù di Dwarka Peeth, ha spiegato che "la conversione configura un errore etico" ed ha sottolineato che "il problema continuerà sin quando si penserà che i fuori casta, poveri e bisognosi, siano carne da convertire".

Per il religioso, l'induismo "è la religione che da più tempo rispetta le altre, ma allo stesso tempo stabilisce che convertire con la frode è immorale. Chi compie questi atti forse non si rende conto che fa male proprio alla sua stessa fede".

Nel frattempo, i leader del Vishwa Hindu Parishad [Vhp, formazione composta da nazionalisti indù che gode dell'appoggio spirituale e pratico del santone ndr] hanno "riconvertito all'induismo" 73 tribali dalit del distretto di Rourkela, nello Stato orientale dell'Orissa, ed hanno annunciato per il prossimo anno "altri 10mila ritorni alla vera fede".

Ignatius Lakara, attivista tribale cristiano, denuncia però che "i cosiddetti riconvertiti non sono cristiani. I nazionalisti prendono dei fuori casta da villaggi remoti dello Stato e mettono in scena queste cerimonie solo per convincere i ricchi indù dell'Unione a dare loro altri fondi per la difesa della religione tradizionale".

John Dayal, presidente dell'All India Catholic Union, dice ad AsiaNews: "Tutto questo è ironico e tragico. Saraswati è uno dei pochi leader religiosi indù che sostiene i gruppi nazionalisti e le loro tesi di prevalenza dell'hindutva e parla di tolleranza".

Dayal spiega poi che "il bando che egli richiede è un bando alla libertà religiosa e questo viola la Costituzione e le leggi indiane. E' oramai riconosciuto in tutto il mondo che questa libertà è il primo fra i diritti dell'umanità, ed è una fortuna che queste tesi vengano condivise solo da una piccola frangia di fanatici".