Cristiano pakistano accusato di blasfemia, libero dopo 8 anni di prigione
di Qaiser Felix

L'Alta corte di Lahore ha scagionato ieri da ogni accusa Ranjha Masih, ma una Corte di Faisalabad lo aveva condannato all'ergastolo. La comunità cristiana teme per la sua vita fuori dal carcere: ha già ricevuto diverse minacce di morte. 


Lahore (AsiaNews) – Dopo 8 anni in cella di isolamento, è stato scagionato ieri Ranjha Masih, cristiano di Lahore condannato nel 2003 all'ergastolo per blasfemia. Asif Seeda Khusa, giudice dell'Alta corte locale, ne ha ordinato la scarcerazione che però avverrà il 14 novembre prossimo "per motivi burocratici".

Masih, 58 anni, era stato arrestato l'8 maggio del 1998, giorno dei funerali del vescovo John Joseph: il prelato si era suicidato per manifestare contro la legge sulla blasfemia. Subito dopo la sepoltura, i cristiani locali avevano manifestato contro il governo e lanciato delle pietre: una di queste aveva colpito l'insegna di un negozio che conteneva un versetto coranico. Subito dopo, la polizia aveva arrestato Masih con l'accusa di essere un blasfemo.

Secondo l'art. 295 comma B del Codice penale – noto come Legge sulla blasfemia – chiunque dissacri i testi sacri dell'islam rischia l'ergastolo. La norma viene però utilizzata di continuo come mezzo per regolare questioni private e colpisce sia musulmani che cristiani.

Nel 2003 una Corte di Faisalabad aveva condannato Ranjha Masih all'ergastolo, fra le proteste dei musulmani locali, che ne chiedevano l'impiccagione. Nel corso dell'intera detenzione, la polizia lo ha tenuto "per sicurezza" in una cella di isolamento. Grazie al lavoro del Centro per l'assistenza legale di Lahore, egli è stato scarcerato.

Khalil Tahir, uno degli avvocati di Masih, dice ad AsiaNews: "Siamo molto felici per la sua liberazione, ma rimangono gli 8 anni di ingiusto isolamento. Questa sentenza dimostra una volta di più come la legge sulla blasfemia venga usata per regolare i conti personali con persone scomode come lui, conosciuto da tutti per la sua ferma fede cristiana".

Proprio questa fede gli è valsa il riconoscimento della Società internazionale per i diritti umani, che nel maggio scorso lo ha premiato "per la fermezza con cui ha difeso e mantenuto la sua fede cristiana".

In ogni caso, i problemi di Masih non sono finiti: ha ricevuto diverse minacce di morte e per la sua sicurezza la comunità cristiana lo nasconderà appena uscito di galera. Alcuni pensano di farlo emigrare in Germania.