Minacce ed estorsioni, chiude la Caritas di Mosul

Il racconto di una delle operatrici: volevano che versassimo soldi per la resistenza all'occupazione Usa; la Chiesa e i cristiani sono il bersaglio preferito di  chi vuole arricchirsi in modo facile. Resiste un corso di teologia per laici, che da Mosul verrà trasferito in una zona più sicura.


Mosul (AsiaNews) - Continue intimidazioni e insistenti richieste di versare denaro per finanziare le attività di un gruppo islamico locale, hanno costretto la Caritas di Mosul a chiudere i battenti. A raccontarlo ad AsiaNews è una delle operatrici, ora costrette a lasciare la città per paura di ritorsioni. La donna, che ha chiesto l'anonimato, ha lavorato come ricercatrice sociale presso l'organismo della Chiesa cattolica dal 1995 fino a settembre scorso, quando è cominciata "l'agonia" della Caritas.

"I primi del mese – ricorda – il nostro responsabile ha ricevuto una telefonata a casa da un gruppo islamico, il quale sapeva bene che il telefono del Centro non funziona per un guasto". La giovane spiega: "Il gruppo non si è identificato con un nome, prima hanno cominciato a recitare un brano dal Corano, dopo ci hanno chiesto di dare loro del denaro per sostenere la resistenza all'occupazione americana dell'Iraq". Chi parlava ha tenuto a sottolineare che "conosceva perfettamente tutte le attività del Centro, il numero degli impiegati, la loro precisa identità e non voleva sentire storie". "Noi – continua la donna - abbiamo cercato di spiegare che come Caritas non abbiamo fondi per le nostre attività, se non le donazioni dei fedeli, che ci aiutano a sostenere solo i più bisognosi". Ma non c'è stato niente da fare: "Ci hanno detto che quello che raccontavamo era falso e che la Chiesa può dare dei soldi, perché la Chiesa è ricca".

Alla fine dopo numerose telefonate il gruppo islamico ha fissato una scadenza per la consegna di una "somma di denaro più alta possibile".

Nella settimana in cui si svolgevano le trattative, però, c'è stato il discorso di Benedetto XVI all'Università di Regensburg e le polemiche strumentalizzate sulla sua presunta  offesa all'Islam. "Si sono molto arrabbiati - racconta l'operatrice - e ci hanno chiamato chiedendo di parlare con i vescovi della città e dir loro che dovevano disapprovare le parole del Papa in Germania".

Mentre le minacce si facevano più insistenti il direttore ha detto loro che la Caritas poteva dare solo 1.000.000 di denari iracheni, ma non di più. "Naturalmente non era sufficiente e ci hanno chiesto di aumentare la somma, ma dopo l'ennesimo rifiuto da parte nostra si sono convinti e hanno accettato l'offerta; non abbiamo avuto scelta, ma da allora il Centro ha dovuto chiudere, in queste condizioni era impossibile continuare".  

La Caritas di Mosul, che dall'inizio della guerra non aveva mai interrotto le sue attività neppure un giorno, si occupava soprattutto dei senza tetto e il 90 per cento del suo lavoro interessava la popolazione musulmana. Il lavoro della Caritas continua comunque a Baghdad, nei villaggi cristiani della provincia di Niniveh e nel Kurdistan.

Anche se sempre più provata, la Chiesa irachena non perde la speranza di portare avanti la sua missione. L'insicurezza che regna nella zona ha costretto la diocesi di Mosul a sospendere il corso di teologia per laici che si svolgeva in città. Ma fonti della comunità caldea riferiscono che si tratta solo di un fatto temporaneo, in quanto il corso verrà trasferito in un villaggio vicino e più sicuro.