La Cina continua a non dare giustizia a chi lotta per i diritti umani

Nel corso del secondo processo contro Chen Guancheng, i legali denunciano il "rapimento" di testimoni chiave. Dure condanne e percosse contro i figli di Rebiya Kadeer, bandiera per i diritti della minoranza uighuri. Un attivista pro aids arrestato per impedire un forum di discussione sul problema.


Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il sistema giudiziario cinese continua a colpire gli attivisti per i diritti umani nel Paese. Al processo contro Chen Guangcheng (attivista che lotta contro gli aborti forzati) scompaiono i testimoni, mentre nello Xinjiang sono condannati per evasione fiscale due figli della dissidente Rebiya Kadeer. A Pechino un attivista pro aids va in carcere per avere organizzato un forum pubblico di discussione.

Il processo bis contro Chen è iniziato ieri con la scomparsa di 4 testimoni e una memoria sulla precedente carcerazione del suo difensore. L'attivista cieco, che ha fatto conoscere al mondo le misure coercitive adottate dalle autorità per il controllo delle nascite in un villaggio dello Shandong, ad agosto era stato condannato a 4 anni e 3 mesi di carcere per "danni alla proprietà e interruzione del traffico organizzando una manifestazione". 

Il mese scorso, la Corte superiore ha annullato la sentenza per gravi irregolarità (tra l'altro, tre avvocati erano stati arrestati subito prima del processo e sostituiti con legali d'ufficio). Ora la difesa denuncia che le autorità hanno "rapito" 4 testimoni chiave, tra cui Chen Guanghe che il 26 novembre è stato portato via da sconosciuti di fronte ai legali.

Lo stesso 26 novembre 30 persone hanno impedito ai legali di Chen di entrare nel villaggio di Dongshigu dove volevano raccogliere altre prove. Li Jinsong, difensore di Chen, denuncia che il processo si è svolto in un clima di intimidazione. Sentiti altri testimoni, la sentenza è attesa a giorni.

Oggi il tribunale del distretto di Tianshan, Urumqi, ha condannato a 7 anni di prigione e 500mila yuan di multa per evasione fiscale Alimu Ahbudurimu, figlio di Rebiya Kadeer, conosciuta per la sua lotta per i diritti degli uighuri cinesi. La Kadeer è stata in carcere dal 1999 per 5 anni per "rivelazione di segreti di Stato" per avere inviato all'estero copie di articoli di giornali. Rilasciata grazie a una campagna internazionale, vive in esilio negli Stati Uniti ma le autorità hanno intrapreso varie azioni contro la sua azienda e i suoi figli ancora in Cina.

Alimu, già incarcerato, è accusato di evasione fiscale per 208.430 yuan quale legale rappresentante della Ahkeda Trading Co. e il fratello, Kahaer Ahbudurimu, è stato condannato alla multa di 100 mila yuan per avere evaso tasse per 2,5 milioni di yuan. Altri due figli della Kadeer sono stati arrestati e percossi dalla polizia a giugno, un terzo è scomparso dopo essere stato accusato di "sovversione" e una figlia è agli arresti domiciliari.

Nicholas Bequelin, membro della ong per la tutela dei diritti Human Rights Watch, ha commentato che "è una chiara punizione per la difesa della Kadeer per i diritti degli uighuri. Dubito che il processo sia stato equo e gli imputati non hanno potuto avere un'assistenza legale adeguata".

Ieri la polizia ha, invece, liberato Wan Yanhai, attivista per i diritti dei malati di AIDS, detenuto dal 24 novembre per avere cercato di organizzare un forum pubblico sulla malattia per il 26 novembre, Giornata mondiale per l'Aids. Non si conosce l'accusa, ma il gruppo organizzatore Aids Action Project dice che la polizia voleva "discutere" il programma. Il gruppo chiede l'impegno della sanità pubblica per aiutare "centinaia di migliaia, forse milioni di persone contagiate tramite trasfusioni con sangue infetto" eseguite dal sistema sanitario, anche tramite "risarcimenti, sussidi, medicine e assistenza sanitaria". (PB)