Libera dopo 9 mesi Naseem Bibi, cristiana pakistana accusata di blasfemia
di Qaiser Felix
La donna, 30 anni, è mentalmente disabile: è stata arrestata dopo la denuncia di ignoti, che l'avrebbero vista dissacrare un'immagine islamica. Si tratta del secondo rilascio di "blasfemi" in meno di un mese.

Lahore (AsiaNews) – La Corte distrettuale di Kasur ha rilasciato Naseem Bibi - 30 anni, in carcere dal marzo scorso - e l'ha dichiarata innocente delle accuse di blasfemia che le erano state mosse da ignoti. Lo conferma ad AsiaNews Sohail Johnson, capo coordinatore del gruppo "Condividere la vita", che ha aiutato Naseem nel corso del procedimento.

La donna, disabile mentale, è stata arrestata il 3 marzo dopo che alcuni musulmani hanno dichiarato di averla vista orinare sull'immagine di un luogo di culto islamico. L'intervento della polizia è stato provvidenziale, perché la folla la stava linciando per strada.

Il pubblico ministero l'ha incriminata secondo i termini dell'art. 295 comma B del Codice penale – noto come Legge sulla blasfemia – che prevede l'ergastolo per chiunque dissacri i testi sacri dell'islam. La norma prevede sanzioni più leggere per chi "offende il mondo musulmano", ma viene utilizzata di continuo come mezzo per regolare questioni private e colpisce sia musulmani che cristiani.

Johnson, che cerca di prestare assistenza a tutti coloro che vengono accusati di blasfemia, dice: "Siamo molto soddisfatti per la decisione dei giudici. Questo caso è stato montato dagli estremisti con il tacito aiuto della polizia che, sotto pressione, non ha potuto fare altro che assecondarli"

L'attivista sottolinea poi che questa "è la seconda buona notizia nel giro di un mese: il 10 novembre, infatti, l'Alta Corte di Lahore ha rilasciato Ranjha Masih, anch'egli in carcere da 8 anni per blasfemia".

Naseem è sposata ed ha 3 figli: ora è libera di tornare a casa, a Kot Fattah Din, un piccolo villaggio nel distretto di Kasur. "Siamo grati – conclude Johnson – nei confronti di tutti coloro che pregano per chi è in carcere a causa della propria fede. Questa sentenza è la risposta a quelle preghiere, ma bisogna continuare a rivolgerci a Dio: sono ancora tanti coloro che soffrono per la religione".