Istanbul (AsiaNews) - Due minuti in silenzio, una preghiera intuita dal raccoglimento e dal movimento delle labbra di Benedetto XVI e dell'imam della Moschea blu. Preghiere diverse, naturalmente, suscitate dal Papa.
E' stato lui, infatti a dire "preghiamo per la fratellanza e per il bene dell'umanità", in risposta all'imam che, durante la visita alla più celebre moschea di Istanbul, gli ha mostrato il libro delle preghiere islamiche, dicendo che "ogni preghiera musulmana comincia col nome di Allah, Allah è il nome di Dio". Il Papa ha posto la mano sul libro ed ha invitato a pregare. In quel momento era davanti al mirhab, il segno che indica la direzione della Mecca. Il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, parla di "un momento di preghiera personale ed intima".
"Mi sembra - commenta poi il p. Lombardi - che Regensburg abbia dato frutti per il dialogo fra cristianesimo ed islam, in senso di serietà e profondità, cercando di andare a dei chiarimenti importanti da una parte e dall'altra. Con questi passi e con la visita di oggi mi pare si siano fatti progressi importanti".
Il gesto di Benedetto XVI ha un illustre precedente nella preghiera di Giovanni Paolo II nella moschea di Damasco, anche se lì si svolse davanti al luogo tradizionalmente definito la tomba di Giovanni Battista. La "meditazione" è giunta nel corso di un pomeriggio dedicato alla visita di tre luoghi diversamente legati alla religione: Santa Sofia un tempo chiesa, poi moschea, ora museo la Moschea blu e la cattedrale armena di Santa Maria.
Occasioni attese con grande attenzione, qui in Turchia, in particolare la visita a Santa Sofia, per il timore dei nazionalisti musulmani che il Papa ripetesse il gesto di Paolo VI e dicesse una preghiera. Anche l'incontro con gli armeni era occasione temuta, per la preoccupazione di un possibile riferimento al genocidio degli armeni, che Ankara nega sia avvenuto.
La visita alla moschea è stata un'aggiunta al programma originale, pensata per svelenire i rapporti tra cattolici e musulmani, mostrando un gesto di rispetto verso la religione islamica. Lo ha indirettamente confermato lo stesso Papa, quando, all'interno dell'edificio ha sostenuto che "questa visita ci aiuterà a trovare insieme i modi, le strade della pace e per il bene dell'umanità". Si stava compiendo lo scambio di doni: una piastrella di colore blu con l'immagine calligrafica di una colomba con un ramo d'ulivo, da parte del muftì; quattro colombe che si abbeverano nel mosaico donato dal Papa. "Vuole essere ha spiegato egli stesso - un messaggio di fraternità, il ricordo di una visita che non dimenticherò sicuramente". E "grazie per questa occasione di preghiera", ha detto alla fine dell'incontro. Sul quale si attendono le reazioni del mondo islamico.
Benedetto XVI era giunto alla moschea proveniente dalla prospiciente Santa Sofia. Lo ha accolto il gran muftì di Istanbul Mustafa Cagrici. Toltesi le scarpe, ma, naturalmente, non la croce pettorale, il Papa è entrato nella moschea accompagnato dal gran muftì e dall'imam della moschea, che gli hanno illustrato le bellezze dell'edificio. In effetti, la Sultan Ahmet Camii, più nota come la Moschea blu, dal colore che ne domina l'interno, è sicuramente l'edificio sacro islamico più noto di Istanbul. Costruita all'inizio del 1600, un tempo era punto di raduno per i pellegrini turchi che si recavano alla Mecca.
Ben più antica è Santa Sofia, Aya Sofya, la Divina Sapienza. E', dicono i musulmani, l'unica chiesa che Maometto II, conquistatore di Costantinopoli, volle trasformata in moschea. Edificata sotto Costantino, distrutta da due incendi e ricostruita nel 532 da Giustiniano per farne "la basilica più sontuosa dall'epoca della creazione" era effettivamente ricca di marmi, materiali preziosi, mosaici e quant'altro. Fino all'edificazione di San Pietro la sua cupola era la più grande del mondo.
Le sue raffigurazioni musive sopravvissero agli iconoclasti ed alla conquista musulmana, ma nel '700 vennero ricoperte da stuccature. Nel 1935 Ataturk volle che divenisse un museo, e tale è tuttora, ma già dal 1847 erano in atto delicati lavori per il recupero dei mosaici, ancora in corso.
I gruppi nazionalistico-islamici turchi vorrebbero che l'edificio tornasse ad essere una moschea. Già ora, intorno ad essa, ci sono alcuni enti musulmani di beneficenza.
Preceduto e seguito da un imponente servizio d'ordine, Benedetto XVI è arrivato alle 17. Accompagnato nella visita dal direttore del museo, il Papa ha dedicato particolare attenzione al mosaico, collocato sopra la porta di ingresso, nel quale Costantino e Giustiniano offrono le due chiese (vecchia e nuova) a Maria e Gesù. Ugualmente ammirato un mosaico che, all'interno, mostra un volto della Vergine. L'immagine era anche riprodotta su un'anfora che è stata regalata a Benedetto XVI.
All'uscita da Santa Sofia, il Papa si è fermato un momento con un gruppo di disabili musulmani.
L'ultima visita, anch'essa guardata con sospetto, è stata alla cattedrale armena di Santa Maria per una celebrazione della parola. Benedetto XVI è stato accolto dal patriarca Mesrob II Mutafian e all'ingresso gli sono stati offerti pane, sale, acqua di rose e un turibolo, come segni di benvenuto.
Nel corso del suo saluto, Benedetto XVI ha fatto anche un richiamo al genocidio degli armeni, "Rendo grazie a Dio ha detto infatti per la fede e la testimonianza cristiana del popolo armeno, trasmesse da una generazione all'altra, spesso in circostanze davvero tragiche, come quelle sperimentate durante il secolo passato".
Sul Libro d'oro di Santa Sofia, Benedetto XVI ha scritto: "Nella nostra diversità, ci troviamo davanti alla fede del Dio unico: che Dio ci illumini e ci faccia trovare la strada dell'amore e della pace".