Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Una Corte della provincia centrale del Sichuan ha giustiziato di nascosto un uomo che aveva preso parte nel 2004 ad una protesta anti-inquinamento degenerata in uno scontro con la polizia. Lo denuncia un avvocato locale, che aggiunge: “Altri 3 manifestanti, arrestati insieme a lui, sono stati condannati senza difesa alla galera: uno di loro, all'ergastolo”.
Il giustiziato, Chen Tao, e gli altri 3 arrestati erano fra le migliaia di persone che nel 2004 avevano manifestato contro un progetto idroelettrico che prevedeva l’evacuazione forzata di oltre 100mila persone e metteva a serio rischio la situazione ecologica della zona. Secondo Cai Dengming, padre di uno dei 3, Chen era stato accusato di “aver deliberatamente ucciso” un poliziotto anti-sommossa.
Cai racconta di essere andato a trovare il figlio presso la prigione di Ya’an, dove è stato incarcerato, e lì “gli ufficiali giudiziari mi hanno confermato l’avvenuta esecuzione”.
Ran Tong, l’avvocato che difende il figlio di Cai, sostiene di essere venuto a conoscenza del verdetto “solo il 4 dicembre scorso, quando il tribunale mi ha comunicato i nomi dei condannati e le pene previste, già messe in atto”.
Ran denuncia che “la Corte li ha giudicati tutto lo scorso giugno, ma a porte chiuse: solo 6 mesi dopo abbiamo avuto qualche notizia. Non siamo stati messi in condizione di difendere i nostri clienti, e per questo mi oppongo con forza contro la Corte, che non rispetta lo spirito della legge”. Gli altri 2 dimostranti sono stati condannati a 12 e 15 anni di detenzione.
Pechino non riesce a frenare le manifestazioni contro il governo, che spesso divengono scontri violenti con la polizia. Secondo Zhou Yongkang, ministro cinese della Pubblica sicurezza, esse sono in aumento: nel 1994 erano 10 mila; nel 2004 sono state oltre 74 mila. Nel 2005 sono avvenute in Cina oltre 87 mila proteste pubbliche.
Ogni giorno Pechino registra fra le 120 e le 230 manifestazioni, in prevalenza nelle zone rurali. Amministratori locali requisiscono terreni e li vendono a compagnie e industrie che vogliono dilatare le loro produzioni o attuare progetti faraonici. Gli abitanti defraudati delle terre e mal pagati non hanno altre vie che la protesta e spesso la violenza.
Il governo teme questo fenomeno e continua a lanciare campagne contro la corruzione: l'ultima, varata il 13 novembre scorso, impone ai funzionari locali di gestire con giustizia la rilocalizzazione degli sfollati.