Card. Zen: “Non vedo spiragli per la libertà religiosa in Cina”
Parlando ad AsiaNews sul discorso di Benedetto XVI al corpo diplomatico, il vescovo di Hong Kong spiega che il Papa esprime “il desiderio di libertà religiosa, un bene che non va temuto”. Il card. Zen ricorda la vicinanza del Papa alle sofferenze della Chiesa non ufficiale e sottolinea che il martirio è un atto glorioso e pieno di significato.
Roma (AsiaNews) – Il nuovo anno è “un momento cruciale per la complicata situazione della Chiesa in Cina” che però “umanamente sembra non presentare spiragli di uscita”. Il discorso del Papa di questa mattina al corpo diplomatico è quindi “un giusto richiamo ad una libertà religiosa che nel Paese ancora non c’è, ma che non va temuta”.
 
E’ questo il commento rilasciato ad AsiaNews dal card. Joseph Zen Ze-kiun, vescovo di Hong Kong, dopo il discorso di Benedetto XVI alla diplomazia accreditata presso la Santa Sede.
 
Il Papa ha ricordato che “nella maggior parte dei paesi dell’Asia, le comunità cristiane sono spesso  piccole ma vivaci, che desiderano legittimamente poter vivere e agire in un clima di libertà religiosa. E’ al tempo stesso un diritto naturale e una condizione che permetterà loro di contribuire al progresso materiale e spirituale della società, e di essere elemento di coesione e di concordia”.
 
Per mons. Zen, quello del pontefice è “un desiderio espresso da lungo tempo, ma quando il Papa dice di sperare in maggiore libertà religiosa, sottolinea che questa non vi è ancora. L’augurio è che tutti capiscano veramente che la libertà religiosa è un bene ed un diritto che non va temuto. Menomare questo diritto danneggia l’intera società”.
 
Questo è vero in modo particolare in Cina, dove “umanamente, sembra che sia molto difficile un’uscita dalla complicata situazione che si è creata fra Chiesa ufficiale, non ufficiale ed Associazione patriottica. Naturalmente, la fede ci incoraggia sperare. Questo è un momento cruciale, che però ha dei presupposti deboli per una pronta vittoria del bene”.
 
Pochi giorni fa, sul Sunday Examiner, settimanale della diocesi di Hong Kong, il card. Zen ha parlato della persecuzione che la Chiesa in Cina subisce e della vicinanza del Papa ai fedeli perseguitati.
In un commento a sua firma  egli ha “riletto” l’Angelus pronunciato il 26 dicembre scorso da Benedetto XVI in occasione della festività di S. Stefano, primo martire della Chiesa.  Parlando della persecuzione, il pontefice esprimeva la sua “vicinanza spirituale” a “quei cattolici che mantengono la propria fedeltà alla Sede di Pietro senza cedere a compromessi, a volte anche a prezzo di gravi sofferenze”. Benedetto XVI sottolineava poi che “il martirio nella Chiesa non è un elemento di tristezza, ma di ‘entusiasmo spirituale’” che “suscita sempre nuovi cristiani”.
 
Nel suo commento il card. Zen spiega che “qualcuno [della Chiesa ufficiale – ndr] ha detto ai fedeli della Chiesa non ufficiale che ‘il compromesso è intelligente. Siamo in comunione con la Santa Sede e nello stesso tempo veniamo riconosciuti dal governo, che ci dà tanto: così possiamo prenderci cura del nostro gregge. Invece i vostri fedeli preferiscono essere messi in prigione, essere martiri, ma così facendo non possono più prendersi cura della comunità”.

Questo – continua il porporato - è “un modo assurdo di parlare, un modo ristretto di vedere le cose! Le parole del Santo Padre hanno rimosso le nuvole, e noi possiamo di nuovo vedere lo splendore della verità; il martirio è un atto pieno di significato, il martirio è glorioso! Un compromesso è un compromesso, ma non può durare per sempre. Essere in comunione con il Santo Padre, e nello stesso tempo rimanere in una chiesa che si definisce indipendente, è una contraddizione. La Santa Sede, in maniera magnanima, tollera questa situazione. Noi la accettiamo, ma con umiliazione”.
 
Per concludere, il card. Zen sottolinea che “è giunto il momento di abbandonare questa contraddizione e far sapere a tutti che noi cattolici vogliamo vivere da cattolici, ed essere in comunione con i cattolici di tutto il mondo, sotto la guida del vescovo di Roma”.