Indonesia, Cina, Vietnam: nuove vittime della febbre dei polli
Un morto a Jakarta, un nuovo contagio umano nell'Anhui e diversi focolai nel Vietnam meridionale. I governi non riescono a fermare il virus letale.
Jakarta (AsiaNews/Agenzie) – Il virus dell’H5N1, vettore dell’influenza aviaria, torna a colpire l’Asia: tra ieri ed oggi si registrano infatti una nuova vittima in Indonesia, un contagio umano in Cina e l’esplosione di nuovi focolai di infezione fra gli allevamenti vietnamiti.
 
A Jakarta, un ragazzo indonesiano di 14 anni è morto oggi proprio a causa della febbre dei polli. Il giovane era stato ricoverato 4 giorni fa nell’ospedale di Persahabtan, ma per lui non c’è stato nulla da fare. Il numero degli indonesiani uccisi dall’epidemia sale così a 58, un terzo del totale nel mondo.
 
Un contadino della provincia orientale cinese dell’Anhui di 37 anni, soprannominato Li, ha contratto il virus nel dicembre scorso: è stato ricoverato e, questa settimana, ha lasciato l’ospedale . Le autorità sanitarie non hanno spiegato il motivo delle dimissioni dalla struttura, ma hanno disposto dei controlli medici per tutti coloro che hanno avuto contatti con lui. Per ora, sembra che  non si siano verificati contagi umani.
 
Pechino ha confermato la presenza del virus solo nel 2005, nonostante l’influenza aviaria sia apparsa in Asia già dal 2003. Il governo comunista ha ammesso la morte di un giovane a causa dell’infezione, avvenuta nel 2003, solo dopo le pressioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità.
 
Nel Vietnam meridionale continuano invece a registrarsi focolai di infezione negli allevamenti di polli. Per le autorità, il contagio potrebbe colpire l’intera nazione in poco tempo. Dinh Cong Than, direttore del Dipartimento veterinario della provincia di Kien Giang, spiega oggi che diversi allevamenti sono risultati infetti nelle province di Ca Mau, Bac Lieu, Hau Giang e naturalmente Kien Giang.
 
Il problema più grave, aggiunge, “è che non riusciamo a far rispettare il decreto governativo che proibisce la cattura e l’allevamento delle anatre selvatiche”. Proprio questi animali, infatti, “sono alla base dell’alimentazione locale e non presentano alcun sintomo della malattia fino alla morte”.
 
Da quando è apparsa, la malattia ha ucciso oltre 150 persone in tutto il mondo. Secondo le Nazioni Unite, solo l’alto livello di allarme mondiale ha impedito una pandemia mortale.