Omicidio Dink: il silenzio delle autorità religiose, la non-condanna dei media
Un sacerdote amico di don Andrea Santoro, “scandalizzato", scrive una lettera densa di interrogativi: ai media turchi chiede come si faccia a non esprimere giudizi sulla violenza premeditata a danno di un cristiano; ai leader religiosi musulmani domanda la “fine dei silenzi-assensi” su omicidi commessi in nome di Allah.
Ankara (AsiaNews) –  È “scandalosa” la copertura mediatica “asettica” che la Turchia ha offerto all’omicidio del giornalista armeno Hrant Dink, avvenuto lo scorso 19 gennaio, come lo è il silenzio dei leader religiosi musulmani su tale “atto di violenza contro un cristiano, premeditato e benedetto dalla preghiera islamica”. Lo sfogo è di un amico e confratello di don Andrea Santoro, il sacerdote ucciso a Trabzon il 5 febbraio 2006. Dopo aver letto in questi ultimi giorni i vari quotidiani nazionali turchi a maggior tiratura e aver ascoltato diversi dibattiti televisivi, il sacerdote - anonimo per ragioni di sicurezza – ha inviato questa lettera ad AsiaNews:
 
“Sono rimasto profondamente scandalizzato dal fatto che nessuno sui  media abbia condannato questa violenza mortale contro un cristiano, premeditata e benedetta dalla preghiera islamica. Sconvolgente, infatti, è che addirittura sulla prima pagina del quotidiano popolare più diffuso in Turchia, “Posta”, del 22 gennaio, sia stata riportata una frase della confessione dell’assassinio, senza nessun pudore né commento, a mo’ di titolo e a caratteri cubitali: “Ho fatto la preghiera del venerdì e poi ho colpito”. E che nell’articolo sottostante si racconti pacificamente come l’omicida non sia affatto pentito, anzi si sia dichiarato pronto a ripetere il gesto qualora se ne ripresenti l’occasione.
Mi è venuto spontaneo chiedermi dov’è in questi frangenti Ali Bardakoglu, il responsabile della religione islamica in tutta la Turchia. Dov’è l’islam della pace, della concordia così tanto proclamato in questi ultimi tempi specialmente qui in Turchia. Nessuna autorità religiosa islamica si è sognata di dire che uccidere è peccato. Ed è ancor più grave se avviene nel nome di Dio. Nessuna autorità religiosa musulmana ha preso posizione alzando la voce contro questo crudele omicidio compiuto dopo aver chiesto l’aiuto e l’assenso di Dio in moschea.
 
Nessuna autorità islamica ha condanato l'assassinio
Il direttore degli affari religiosi in Turchia, il maggior esponente dell’islam turco, quell’Ali Bardakoglu che si era tanto scandalizzato per un passaggio mal interpretato del discorso del Papa a Regensburg e senza ancora aver letto quella lezione, aveva creato un gran can-can proseguito fino alla venuta di Benedetto XVI in questa terra a fine novembre scorso, ebbene, quello stesso Ali Bardakoglu in questa nefasta occasione non ha saputo dire altro che “l’uccisione dell’intellettuale turco, del pensatore turco, nostro fratello armeno, è stato un vile colpo alla tranquillità e all’unità della Turchia”. Ma non è pazzesco? Nessuna parola di disapprovazione contro l’omicidio compiuto in nome di Dio. Mi piacerebbe poter rivolgergli a tu per tu alcune domande: si può ancora continuare ad uccidere, oggi, nel XX secolo, dopo gli orrori del passato, in nome di Dio? Ci dica lei ora qualcosa riguardo a questo gesto di violenza. Qui non si tratta di una citazione di secoli fa, ma di un fatto scandaloso avvenuto oggi.
Lei, nell’incontro con Benedetto XVI ad Ankara il 28 novembre scorso affermava che coloro che rappresentano l’islam “come una religione causa di violenze, una religione diffusa sulla Terra grazie all'uso della spada sbagliano, perché tali visioni non hanno alcuna concretezza storica e scientifica”. E perché allora oggi tace? Cosa c’è di più concreto di un uomo ucciso?
 
Gli spari mentre a Roma il Papa parlava del ruolo delle religioni per la convivenza pacifica
Benedetto XVI durante la sua visita in questa nostra amata terra dopo aver affermato che "la presenza attiva delle religioni nella società è un fattore di progresso e di arricchimento per tutti”, ribadiva il fatto che “non si può usare la violenza in nome di Dio”, invitando tutti, ma soprattutto i responsabili civili e religiosi a “rinunciare assolutamente a giustificare il ricorso alla violenza come espressione legittima della pratica religiosa e politica, quanto piuttosto a lavorare insieme con stima e rispetto per il bene comune”. E’ ora, dunque, di finirla con questi pericolosi silenzi – assensi. Lei che ha applaudito questo discorso, come giustifica ora il suo silenzio pesante come un macigno?
E pensare che l’omicidio è stato compiuto proprio nello stesso giorno in cui Benedetto XVI riceveva in Vaticano il nuovo ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede, Muammer Doğan Akdur. Il Papa, dopo aver ringraziato ancora una volta le autorità turche per l’accoglienza a lui riservata in occasione della sua visita, era tornato a riaffermare il concetto a lui caro che “i credenti delle differenti religioni debbono sforzarsi di lavorare insieme per la pace, cominciando dalla denuncia della violenza, troppo spesso usata in passato con il pretesto di motivazioni religiose, ed imparando a conoscersi meglio ed a rispettarsi di più, per costruire una società sempre più fraterna”.
Poche ore dopo sono stati sparati due colpi mortali contro un giornalista turco di origini armene da parte di un giovane fanatico religioso e nazionalista.
 
Egregio Ministro degli affari religiosi, le parole del Papa di venerdì scorso sono state una profezia capace di indicare ancora una volta che il cammino da intraprendere parte da una realtà quotidiana da costruire nel rispetto, nella tolleranza della diversità. Mentre leggevo le parole del Santo Padre ho appreso la notizia su Hrant Dink e mi sono risuonate nel cuore ancora con più forza. Lei che posizione prende di fronte a tutto ciò? Lei, che, come me, si dichiara un uomo di Dio, chi e cosa vuole difendere?”. (MZ)