Papa: Pace fra fede e ragione, in Libano e a Gaza
Benedetto XVI torna ad esortare a un dialogo fra la fede e la ragione per evitare la “schizofrenia” e il conflitto con le culture non occidentali. Un appello speciale perché cessino le violenze in Libano e nella striscia di Gaza. Coi ragazzi dell’Azione cattolica libera due colombe bianche, simbolo di pace: “Ma i veri messaggeri di pace siete voi”. Ricordata la Giornata mondiale dei malati di lebbra.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Un appello contro le violenze in Libano e a Gaza, un appello per i malati di lebbra, nella Giornata mondiale dedicata a loro, ma soprattutto un appello a scienziati e a personalità della cultura a “non aver paura” del dialogo fra la fede e la ragione, per non rischiare la “schizofrenia”, l’irrazionalità, il conflitto con le culture del sud del mondo.

Lo spunto per riprendere il tema “fede e ragione” – trattato magistralmente a Regensburg – viene dalla memoria del santo di oggi, il filosofo e teologo Tommaso d’Aquino, “valido modello di armonia tra ragione e fede, dimensioni dello spirito umano, che si realizzano pienamente nell’incontro e nel dialogo tra loro”.

“Il rapporto tra fede e ragione – sottolinea il papa - costituisce una seria sfida per la cultura attualmente dominante nel mondo occidentale e, proprio per questo, l’amato Giovanni Paolo II ha voluto dedicarvi un’Enciclica, intitolata appunto Fides et ratio – Fede e ragione. Ho ripreso anch’io quest’argomento recentemente, nel discorso all’Università di Regensburg”.

Il problema è che l’uomo di oggi si riduce spesso “a pensare soltanto ad oggetti materiali e sperimentabili e si chiude ai grandi interrogativi sulla vita, su se stesso e su Dio” e perciò  “si impoverisce”. Benedetto XVI definisce questa situazione una “schizofrenia”:

“In realtà - egli dice - lo sviluppo moderno delle scienze reca innumerevoli effetti positivi, che vanno sempre riconosciuti. Al tempo stesso, però, occorre ammettere che la tendenza a considerare vero soltanto ciò che è sperimentabile costituisce una limitazione della ragione umana e produce una terribile schizofrenia, ormai conclamata, per cui convivono razionalismo e materialismo, ipertecnologia e istintività sfrenata”.

Da qui l’appello a “riscoprire in modo nuovo la razionalità umana aperta alla luce del Logos divino e alla sua perfetta rivelazione che è Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo. Quando è autentica la fede cristiana non mortifica la libertà e la ragione umana; ed allora, perché fede e ragione devono avere paura l’una dell’altra, se incontrandosi e dialogando possono esprimersi al meglio? La fede suppone la ragione e la perfeziona, e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio e delle realtà spirituali. La ragione umana non perde nulla aprendosi ai contenuti di fede, anzi, questi richiedono la sua libera e consapevole adesione”.

Ricordando ancora san Tommaso, che nel XIII secolo è riuscito a operare una sintesi fra cultura cristiana, islamica e ebraica, Benedetto XVI ricorda che attraverso la riscoperta di una ragione aperta alla fede è possibile dialogare con tutte le culture extraeuropee che vedono con timore e paura la cultura atea dell’occidente: “Con lungimirante saggezza - ha spiegato il pontefice - san Tommaso d’Aquino riuscì ad instaurare un confronto fruttuoso con il pensiero arabo ed ebraico del suo tempo, sì da essere considerato un maestro sempre attuale di dialogo con altre culture e religioni. Egli seppe presentare quella mirabile sintesi cristiana tra ragione e fede che per la civiltà occidentale rappresenta un patrimonio prezioso, a cui attingere anche oggi per dialogare efficacemente con le grandi tradizioni culturali e religiose dell’est e del sud del mondo”.

“Preghiamo – ha concluso il papa - affinché i cristiani, specialmente quanti operano in ambito accademico e culturale, sappiano esprimere la ragionevolezza della loro fede e testimoniarla in un dialogo ispirato dall’amore. Chiediamo questo dono al Signore per intercessione di san Tommaso d’Aquino e soprattutto di Maria, Sede della Sapienza”.

Dopo la preghiera dell’Angelus Benedetto XVI ha voluto lanciare un appello per la pace in Libano e la fine delle violenze nella striscia di Gaza.

“Nei giorni scorsi – ha detto il papa -  la violenza è tornata ad insanguinare il Libano. E’ inaccettabile che si percorra questa strada per sostenere le proprie ragioni politiche. Provo una pena immensa per quella cara popolazione. So che molti Libanesi sono colpiti dalla tentazione di lasciare ogni speranza e si sentono come disorientati da quanto sta succedendo. Faccio mie le forti parole pronunciate da Sua Beatitudine il Cardinale Nasrallah Pierre Sfeir a denuncia degli scontri fratricidi. Con lui e con gli altri responsabili religiosi, invoco l’aiuto di Dio affinché tutti i Libanesi indistintamente possano e vogliano lavorare insieme per fare della loro patria una vera casa comune, superando quegli atteggiamenti egoistici che impediscono di prendersi veramente cura del proprio Paese (cfr. Esortazione Apostolica Una speranza nuova per il Libano, N. 94). Ai cristiani del Libano, ripeto l’esortazione ad essere promotori di un autentico dialogo fra le varie comunità, mentre invoco su tutti la protezione di Nostra Signora del Libano.

Auspico, inoltre, che cessino al più presto le violenze nella striscia di Gaza. All’intera popolazione desidero esprimere la mia spirituale vicinanza ed assicurare la mia preghiera, affinché prevalga in tutti la volontà di lavorare insieme per il bene comune, intraprendendo vie pacifiche per comporre le differenze e le tensioni”.

Un altro appello è quello in occasione della Giornata mondiale dei malati di lebbra, che ricorre oggi: “Vorrei far giungere il mio saluto – ha detto Benedetto XVI - con l’assicurazione di un particolare ricordo nella preghiera, a tutte le persone che soffrono per questo male. Auguro loro la guarigione e, in ogni caso, cure adeguate e condizioni dignitose. Incoraggio gli operatori sanitari e i volontari che li assistono, come pure quanti in diversi modi uniscono i loro sforzi per debellare questa che non è solo una malattia, ma una piaga sociale. Per questa nobile causa si sono prodigati, sulle orme di Cristo, tanti uomini e donne, tra i quali mi piace ricordare Raoul Follereau e il beato Damiano de Veuster, apostolo dei lebbrosi a Molokai”.

A conclusione degli appelli e dei saluti in diverse lingue, il papa si è rivolto ai 5 mila ragazzi dell’Azione Cattolica di Roma, che insieme al card. Camillo Ruini, concludevano in piazza san Pietro con la marcia della “Carovana della pace”, il mese di gennaio da loro tradizionalmente dedicato al tema della pace. Insieme a due ragazzi, affianco a lui alla finestra del suo studio, il papa ha liberato due colombe bianche simbolo della pace. “Ma i veri messaggeri di pace – ha detto il pontefice - siete voi! Con le ali della bontà e della fede, portate dappertutto la gioia di essere figli dello stesso Padre che è nei Cieli e di vivere da fratelli”. E ha aggiunto poi: “Vogliamo essere colombe di pace per tutti, per il Libano, la striscia di Gaza, per tutti i luoghi”.