Inizia domani un difficile viaggio di Hu Jintao in Africa
Per anni la Cina ha accaparrato materie prime presentandosi come grande amico dell’Africa. Ora le crescenti accuse di “colonialismo economico” la costringono a cercare un nuovo ruolo. In Sudan cercherà una soluzione per il genocidio del Darfur. I Paesi africani, trascurati dall’Occidente, hanno bisogno dell’aiuto esterno.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Inizia domani un viaggio difficiledel presidente cinese Hu Jintao in Africa. In 12 giorni visiterà 8 Stati, tra cui alcuni critici verso Pechino. In Sudan cercherà una soluzione per il Darfur.

Nei precedenti viaggi Hu si è presentato come un amico desideroso di portare aiuto economico e commerciale e ha celebrato con grande clamore accordi economici e concessioni di prestiti. Ma ora la Cina è sempre più accusata di colonialismo economico, di essere interessata solo a portare via le materie prime e a cercare mercati per i suoi prodotti. Con il Sud Africa la Cina ha rapporti diplomatici dal 1997 e ci vivono oltre 400mila cinesi; ma a dicembre i sindacati hanno protestato – non per la prima volta - che i prodotti tessili cinesi distruggono l’industria locale e hanno fatto perdere 67mila posti di lavoro in 4 anni, e il presidente Thabo Mbeki ha ammonito che l’Africa deve evitare che il rapporto con Pechino diventi “una relazione coloniale”. In Zambia i minatori si sono ribellati contro lo sfruttamento cui sono sottoposti e ci sono state proteste di piazza con atti vandalici contro proprietà cinesi. In Liberia la Cina ha fornito truppe per la missione di pace delle Nazioni Unite dopo la guerra civile, ma si è anche dedicata alla ricerca di giacimenti petroliferi.

Pechino per anni ha protetto il governo del Sudan contro la richiesta di sanzioni e di intervento delle Nazioni Unite per il genocidio in atto nel Darfur, che ha visto più di 200mila morti e oltre 2,5 milioni di fuggitivi; intanto ha portato avanti lucrosi accordi petroliferi e venduto i suoi prodotti, comprese le armi. Ma ora l’Onu ha chiesto alla Cina di usare la sua influenza su Karthoum per risolvere la crisi e Pechino ha invitato il Sudan a collaborare con l’Onu per trovare una soluzione.Shi Yinhong, professore presso l’università Renmin di Pechino, prevede che Hu potrà convincere Karthoum a permettere l’ingresso della forza di pace dell’Onu. Un successo, prosegue Shi, sarebbe “anche utile per i rapporti della Cina con Stati Uniti, Unione europea e l’intera Africa”.

D’altra parte l’Africa è spesso trascurata dai leader di altri Paesi e ha bisogno dell’aiuto estero per crescere. Hu visiterà Camerun (prima sua tappa il 30 gennaio ), Namibia, Mozambico e le Seychelles, in un itinerario che – commenta Sanusha Naidu, esperto in studi sulla Cina all’università di Sellenbosch in Sud Africa - appare scelto per dimostrare che Pechino ha interesse per tutti gli Stati africani e non solo per quelli ricchi di materie prime. “Non ricordo – aggiunge – l’ultima volta che [il presidente Usa Gorge W.] Bush è stato in Africa”.

Francis Kornegay, analista di Johannesburg, concorda che la Cina offre all’Africa “una forza rivale all’egemonia Usa”.

Touna Mama, consigliere economico del premier camerunese, sintetizza l’attuale crocevia osservando che “la crescita fenomenale e il dinamismo” della Cina “ispirano sia rispetto che timore”.

Ma Tarah Shaanika, capo della Camera di commercio della Namibia, avverte che “la nostra sfida è cessare di esportare materie prime per esportare prodotti lavorati”.

Peraltro Pechino chiede ai partner africani di chiudere i rapporti diplomatici con Taiwan e si aspetta voti di sostegno all’Onu. A gennaio il Sud Africa ha votato insieme a Pechino contro una censura al Myanmar per gli abusi contro i diritti umani, attirandosi la critica di avere dimenticato la propria storia.  Gli scambi commerciali tra Cina e Africa sono stati 40 miliardi di dollari nel 2005 e Pechino ha investimenti per 6 miliardi nel Continente. (PB)