Parlamentari contro il patto di libero commercio con gli Usa
di Theresa Kim Hwa-young
L’accordo economico con Washington visto come una minaccia ad agricoltori e piccole imprese. Nel frattempo, il ministero dell’Economia di Seoul sconsiglia investimenti in Vietnam.
Seoul (AsiaNews) – Un gruppo di deputati riformisti sudcoreani ha chiesto ieri al governo di sospendere i negoziati per il patto di libero commercio con gli Stati Uniti, al momento allo studio del gabinetto presidenziale, minacciando di voler votare contro la ratifica dell’eventuale patto economico.
 
Nel corso di una conferenza stampa congiunta, i 32 deputati – per la maggior parte membri del Partito di maggioranza Uri – hanno dichiarato: “Il governo sudcoreano è pronto a prendere decisioni affrettate: noi siamo pronti a combattere”.
 
Il presidente Roh, hanno aggiunto, “dice che dobbiamo lavorare insieme a Washington per un accordo bilanciato che dia beneficio ad entrambe le nazioni, ma per ora non vi sono segnali che fanno pensare alla costruzione di un patto equo”.
 
I deputati si sono fatti portavoce del malcontento espresso nei giorni scorsi da agricoltori e piccoli industriali, che vedono nell’accordo con gli Usa una minaccia alla loro sopravvivenza, data la grande competitività dei prodotti americani che - secondo gli accordi allo studio - avrebbero libero accesso al mercato coreano.
 
Allo stesso tempo, una Commissione del ministero dell’Economia di Seoul ed un buon numero di industrie private ha avvertito gli industriali coreani del “pericolo” di investire i propri capitali in Vietnam.
 
La Commissione per la supervisione finanziaria, il più importante organismo di regolazione finanziaria della Corea del Sud, ha dichiarato infatti che intende rivedere tutti i fondi collegati al Vietnam attualmente in circolazione nei circuiti nazionali.
 
La manovra sarà seguita da un “riassetto più severo” dei regolamenti per chi intende investire in questo campo ed è stata giustificata “con i rischi e la sproporzione economica” collegati ai fondi, che vengono visti come un “cavallo di Troia” per penetrare nell’economia coreana.