Presidente Chen: Chiang Kai-shek, non un eroe ma un assassino
Chen Shuibian lo accusa di essere “il principale responsabile” del massacro di decine di migliaia di civili uccisi dopo l’Incidente 228 e negli anni seguenti. In atto una revisione storica, mentre l’opposizione parla di propaganda pre-elettorale. Esperti: le giovani democrazie debbono rivedere il passato, ma a Pechino non è permesso.

Taipei (AsiaNews/Agenzie) – Il presidente taiwanese Chen Shuibian denuncia l’ex leader Chiang Kai-shek come principale responsabile dei massacri avvenuti nell’isola nel 1947 e in seguito. L’opposizione dice che è solo propaganda politica, ma tutti vedono con favore il dibattito sulla storia recente.

Intervenendo ieri a un dibattito, Chen ha detto che “tutti gli archivi storici mostrano che Chiang Kai-shek è stato il principale responsabile dell’incidente del 28 febbraio [1947], che non è stato un semplice incidente ma, con maggiore probabilità, un massacro, un atto criminale”. Lo scambio di oltre 90 lettere tra Chiang e l’allora governatore di Taiwan Chen Yi dimostra – prosegue – che il Generalissimo era coinvolto in modo pieno nella repressione poi compiuta dall’esercito.

Il 28 febbraio 1947 a Taipei la polizia sparò contro la folla che protestava. Seguì una vera rivolta, stroncata nel sangue dalle truppe del Kuomintang (Kmt) inviate dal continente. Parlando dell’uccisione di decine di migliaia di civili da parte dell’esercito, Chen dice che “chi ha violato i diritti umani e commesso crimini dovrebbe essere processato e condannato” e che occorre rimuovere il nome del “dittatore” dai luoghi pubblici. Negli scorsi anni sono state tolte le statue di Chiang che prima erano ovunque nelle vie e nelle caserme di Taipei.

Molto critico il Kmt che accusa trattarsi di pura propaganda per le elezioni politiche di dicembre e presidenziali di marzo 2008. Il parlamentare Hsu Hsiaoping osserva che Chen, come presidente, “dovrebbe guidare il popolo verso il futuro, piuttosto che rinfocolare conflitti etnici”.

Per il 60° anniversario del massacro la 228 Memorial Foundation, finanziata dal governo, insieme a gruppi civici, prevede varie iniziative, con lo slogan: “Difendendo Taiwan”. Tra queste, domani ci sarà una marcia di almeno 10 mila persone fino al palazzo presidenziale a Taipei e alle ore 2.28 suoneranno le campane e batteranno tamburi nella città. Previsti anche un seminario per discutere l’incidente e l’apertura di una Memorial hall dedicata alle vittime. Chen Chin-huang, presidente della fondazione, spiega che si vuole arrivare a “una nuova visione dell’Incidente 228”.

Alle critiche dell’opposizione, il portavoce del governo Cheng Wen-tsang risponde che le nuove democrazie debbono confrontarsi con il passato autoritario “per consolidare la democrazia”.

Durante il massacro fu imposta la legge marziale, durata fino al 1987. Per anni fu persino proibito parlare della vicenda e il Kmt è rimasto al potere fino al 2000, quando Chen ha vinto le elezioni presidenziali con il Partito progressista democratico.

Analisti notano come a Taiwan sia possibile discutere la storia recente e cambiare le verità “ufficiali” imposte per decenni. Invece in Cina, osservano, è proibito parlare di fatti storici come la campagna anti-destra ai tempi di Mao, la Rivoluzione culturale e la recente campagna anti-corruzione. A gennaio le autorità di controllo sui media cinesi hanno imposto la censura su questi fatti, che non debbono essere nemmeno nominati, e lo stesso mese sono stati criticati e banditi alcuni libri che raccontavano di questi periodi. A Pechino è persino proibito parlare del 90° anniversario della Rivoluzione russa d’ottobre: tutto questo – spiegano i censori – serve “per promuovere un’atmosfera armoniosa in vista delle prossime consultazioni nazionali e di partito”. (PB)