Sparisce il nome “Cina” dai francobolli di Taiwan
Si tratta della nuova mossa del governo tesa a “rettificare il nome dell’isola, entità sovrana staccata dalla Repubblica Popolare cinese”.
Taipei (AsiaNews/Agenzie) – Migliaia di collezionisti e di indipendentisti taiwanesi sono in fila davanti agli uffici postali di tutta l’isola, in attesa di ricevere un francobollo che segna uno spartiacque. Le poste di Taiwan hanno infatti emesso ieri il primo francobollo ufficiale che non riporta il titolo di “Repubblica di Cina”, ma definisce l’isola semplicemente “Taiwan”.
 
La prima edizione della marca è stata emessa dalla compagnia postale, governativa, che ha da poco cambiato il nome in “Taiwan Post co.”. La decisione di modificare il nome dell’isola anche sui valori postali è stata presa dal presidente Chen Shui-bian, che definisce Taiwan un’entità sovrana non collegata alla Cina.
 
Il francobollo, che vale circa 10 centesimi di euro, è uno dei primi gesti della campagna governativa di “rettifica del nome”, che cerca di delineare l’identità dell’isola staccandola da quella cinese. Per raggiungere questo scopo, la maggioranza parlamentare è arrivata a rinnegare la figura di Chiang Kai-shek, definito “un assassino”. Nel corso della campagna, già diverse aziende statali - fra cui quella dei trasporti pubblici - hanno cambiato nome, eliminando ogni riferimento alla Cina continentale.
 
Ieri nel corso di una manifestazione, Chen ha spiegato che la nuova intestazione serve per commemorare il 60esimo anniversario del sanguinoso “incidente 228” e per impedire che “il Kuomintang [partito nazionalista erede di Chiang, al potere sull’isola fino al 2000 ndr] torni a fare del male alla nostra popolazione”.
 
Il 28 febbraio 1947 a Taipei la polizia sparò contro la folla che protestava. Seguì una vera rivolta, stroncata nel sangue dalle truppe del Kuomintang inviate da Pechino. Parlando dell’uccisione di decine di migliaia di civili da parte dell’esercito, Chen dice che “chi ha violato i diritti umani e commesso crimini dovrebbe essere processato e condannato” e che occorre rimuovere il nome del “dittatore” Chiang dai luoghi pubblici.  Negli scorsi anni sono state tolte le statue di Chiang che prima erano ovunque, nelle vie e nelle caserme di Taipei.
Da parte sua, Pechino teme questa nuova ondata di revisionismo che attacca ancora una volta i legami con "la madrepatria". Per la Cina, l'isola è solo una provincia ribelle che deve essere riunificata, anche con l'uso della forza, al resto della nazione.