Ex membro di Al Qaeda: “Sono il responsabile dell’attentato dell’11 settembre”
Khalid Sheikh Mohammed, ex numero 3 dell’organizzazione terrorista, ha rivendicato altri 30 attentati e tentativi di uccidere Clinton, Carter e Giovanni Paolo II. Afferma di aver subito violenze in prigionia a Guantanamo, ma afferma che la sua dichiarazione non gli è stata estorta con la tortura.
Washington (AsiaNews/Agenzie) – Khalid Sheikh Mohammed, già membro di Al Qaeda, ha rivendicato di essere l’organizzatore degli attentati dell’11 settembre 2001, che hanno ucciso oltre 3 mila persone a New York e Washington.
 
Secondo una trascrizione diffusa dal Pentagono, Mohammed – che si trova nella prigione di Guantanamo (Cuba) - si è detto anche responsabile di altri 30 attentati in varie parti del mondo, fra cui un tentativo di uccidere Giovanni Paolo II durante il viaggio del pontefice nelle Filippine.
 
Secondo tale trascrizione, Mohammad avrebbe detto: “Sono responsabile dalla A alla Z dell’operazione 9/11” .
 
Mohammed, un pakistano di 41 anni, ex numero 3 dell’organizzazione di Al Qaeda, si è dichiarato responsabile anche dell’attacco del 1993 al World Trade Centre di New York, delle bombe a un nightclub a Bali (Indonesia) e di tentativi di assassinare alcune personalità quali Bill Clinton, Jimmy Carter e Giovanni Paolo II. Una delle rivendicazioni è stata censurata dal Pentagono nelle dichiarazioni distribuite alla stampa.
 
Mohammed compariva davanti a una corte a Guantanamo, per determinare il suo statuto di “combattente nemico”. Il Pentagono ha precisato che Mohammad era presente all’udienza, ma non ha permesso a giornalisti, né agli avvocati difensori di essere presenti.
 
Secondo la trascrizione, Mohammed indica che egli ha subito violenze durante il suo internamento, ma dichiara pure che le sue rivendicazioni non sono state estorte con la tortura.
 

La trascrizione delle udienze a cura di ufficiali Usa è una pratica volute dal Pentagono per controllare che nelle informazioni diffuse non vi siano elementi particolarmente sensibili.

Il pakistano ha anche indicato che egli preparava una seconda ondata di attentati che miravano alla Library Tower a Los Angeles, la Sear Tower di Chicago, la Plaza Bank a Washington, l’Empire State Building di New York.

Egli ha anche rivendicato la paternità di un attentato che è costata la vita a due soldati americani in Kuwait e il progetto di attentato del britannico Richard Reid, nel 2001, che pensava di far esplodere un aereo in volo sull’Atlantico con delle scarpe piene di esplosivo.

In una lunga dichiarazione in un inglese approssimativo, Mohammed sembra esprimere anche dispiacere per le morti causate con l’attacco alle Torri Gemelle, ma afferma che esse erano giustificate come parte di una guerra contro gli Stati Uniti. “Non sono contento [per il fatto] che 3 mila siano stati uccisi in America. Sento perfino dispiacere… Il linguaggio di ogni guerra nel mondo è uccidere. Voglio dire che il linguaggio della guerra è [fare] vittime”.

Mohammed è sospettato di aver partecipato all’assassinio del giornalista Daniel Pearl, ucciso in Pakistan nel 2002. Nella sua dichiarazione egli si riferisce in modo non chiaro alla vittima, qualificandolo come “un agente del Mossad”.

Mohammed fa parte di un gruppo di 14 prigionieri identificati dalle autorità Usa come dei sospetti terroristi di “gran peso”. Fra essi vi sono anche Ramzi ben Al-Shaiba, uno dei presunti organizzatori dell’attentato dell’11 settembre; Abu Zubeida, vicino ad Osama bin Laden; Hambali, sospettato di essere il cervello dell’attentato a Bali nel 2002, che ha fatto più di 200 morti.

Nella trascrizione, Mohammed paragona Bin Laden a George Washington, il primo presidente degli Stati Uniti: “Sta facendo la stessa cosa”, ha detto. “Sta solo lottando. Vuole l’indipendenza”.

Il Pentagono ha pubblicato la trascrizione su Internet a questo indirizzo:

http://www.defenselink.mil/news/transcript_ISN10024.pdf .