Morti nell'Anhui e a Jakarta, l'influenza aviaria non si ferma
In Cina muore un ragazzo in una zona dove non erano conosciuti contagi tra gli uccelli. In Indonesia altre due vittime, nella Sumatra occidentale e a Jakarta. Intanto altri Stati, come Afghanistan ed Egitto, cercano di frenare il commercio di uccelli vivi.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Ancora morti per influenza aviaria in Cina e in Indonesia. Mentre in altri Paesi le autorità si chiedono se vietare il commercio di uccelli vivi, per fermare il contagio.

A Bengbu, nell’orientale provincia dell’Anhui, oggi è stato confermato che aveva il virus un ragazzo di 16 anni morto il 27 marzo. Il ragazzo ha avuto contatti con polli malati. La città di Bengbu con i sobborghi ha 3,5 milioni di abitanti e c’è preoccupazione perché non erano stati segnalati contagi tra gli uccelli. La Cina finora ha ammesso 24 malati ufficiali con 15 morti, l’ultimo lo scorso luglio.

In Indonesia il ministro della Sanità ha ammesso il contagio per un ragazzo di 14 anni della Sumatra occidentale morto il 24 marzo e per una donna di 28 anni di Jakarta deceduta ieri. Sono così 5 le vittime accertate nel Paese in pochi giorni.

Entrambi i Paesi sono considerati ad elevato rischio, la Cina perché ha il maggior numero di pollame allevato al mondo e un sistema sanitario inadeguato; l’Indonesia perché alleva centinaia di milioni di polli in pollai di cortile disseminati per l’immenso arcipelago.

Intanto il ministro della Sanità afgano ha confermato che la settimana scorsa sono esplosi nuovi contagi tra gli uccelli nella capitale Kabul e nei distretti di Damaan e Shah Wali Kot nella meridionale provincia di Kandahar. Per contenere il contagio, il 25 marzo l’Organizzazione mondiale della sanità ha chiesto all’Afghanistan di vietare l’acquisto e la vendita di uccelli vivi nelle province colpite.

Il virus ha già colpito oltre 50 Stati. Ieri in Egitto (Paese che ha avuto 13 morti per la malattia) il presidente Hosni Mubarak ha proposta una legge che vieta il commercio e il trasporto di uccelli vivi, con severe pene e anche il carcere per i trasgressori.