Papa: solo indossando “l’abito dell’amore” potremo andare alla "festa del Cielo"
Celebrando la Messa crismale, Benedetto XVI invita a “rivestirsi di Cristo”. “Una persona senza l’amore è buia dentro. Le tenebre esterne, di cui parla il Vangelo, sono solo il riflesso della cecità interna del cuore”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – L’amore verso Dio e verso il prossimo è “l’abito” col quale ci si dovrà presentare per essere accolti alla “festa del Cielo”. “Rivestirsi di Cristo” è stato il filo intorno al quale Benedetto XVI ha tessuto l’omelia per la Messa crismale, in gran parte dedicata alla simbologia delle vesti liturgiche che, in ultima analisi, indicano l’amore divino. Perché solo l’amore di Dio “può rendere candide le nostre vesti sporche” e “nonostante tutte le nostre tenebre, trasforma noi stessi in ‘luce nel Signore’” e perché “una persona senza l’amore è buia dentro. Le tenebre esterne, di cui parla il Vangelo, sono solo il riflesso della cecità interna del cuore”.

La Messa crismale, che introduce al Triduo pasquale, è quella durante la quale c’è la rinnovazione delle promesse sacerdotali e la benedizione dell’olio dei catecumeni, di quello degli infermi e del crisma. Contenuti in grandi ampolle d’argento – a portare quella con l’olio dei catecumeni sono stati due giovani giapponesi che stanno per ricevere il battesimo – gli “oli santi” sono stati benedetti dal Papa. E’ una cerimonia che oggi si celebra in tutte le Chiese cattedrali del mondo, dove pure si rinnovano le promesse sacerdotali, e che ha visto la basilica di San Pietro affollata di migliaia di sacerdoti, tutti rivestiti di bianco.

“San Paolo – ha detto loro il Papa - per quanto accade nel Battesimo, usa esplicitamente l’immagine del vestito: ‘Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo’ (Gal 3,27). Ecco ciò che si compie nel Battesimo: noi ci rivestiamo di Cristo, Egli ci dona i suoi vestiti e questi non sono una cosa esterna. Significa che entriamo in una comunione esistenziale con Lui, che il suo e il nostro essere confluiscono, si compenetrano a vicenda”. “Cristo ha indossato i nostri vestiti: il dolore e la gioia dell’essere uomo, la fame, la sete, la stanchezza, le speranze e le delusioni, la paura della morte, tutte le nostre angustie fino alla morte. E ha dato a noi i suoi ‘vestiti’”.

“Questa teologia del Battesimo – ha proseguito Benedetto XVI - ritorna in modo nuovo e con una nuova insistenza nell’Ordinazione sacerdotale. Come nel Battesimo viene donato uno ‘scambio dei vestiti’, uno scambio del destino, una nuova comunione esistenziale con Cristo, così anche nel sacerdozio si ha uno scambio: nell’amministrazione dei Sacramenti, il sacerdote agisce e parla ora ‘in persona Christi’. Nei sacri misteri egli non rappresenta se stesso e non parla esprimendo se stesso, ma

parla per l’Altro – per Cristo”.

Nel momento dell’Ordinazione sacerdotale, poi, “la Chiesa ci ha reso visibile ed afferrabile questa realtà dei ‘vestiti nuovi’ anche esternamente mediante l’essere stati rivestiti con i paramenti liturgici. In questo gesto esterno essa vuole renderci evidente l’evento interiore e il compito che da esso ci viene: rivestire Cristo; donarsi a Lui come Egli si è donato a noi. Questo evento, il ‘rivestirsi di Cristo’, viene rappresentato sempre di nuovo in ogni Santa Messa mediante il rivestirci dei paramenti liturgici. Indossarli deve essere più di un fatto esterno: è l’entrare sempre di nuovo nel ‘sì’ del nostro incarico”.

Poi, “quando ci accostiamo alla liturgia per agire nella persona di Cristo ci accorgiamo tutti quanto siamo lontani da Lui; quanta sporcizia esiste nella nostra vita. Egli solo può donarci il vestito festivo, renderci degni di presiedere alla sua mensa, di stare al suo servizio”.

Per una “giusta celebrazione” della Messa, il Papa ha indicato poi di “disciplina dei sensi e del pensiero”. “I pensieri non devono vagare qua e là dietro le preoccupazioni e le attese del mio quotidiano; i sensi non devono essere attirati da ciò che lì, all’interno della chiesa, casualmente vorrebbe sequestrare gli occhi e gli orecchi. Il mio cuore deve docilmente aprirsi alla parola di Dio ed essere raccolto nella preghiera della Chiesa, affinché il mio pensiero riceva il suo orientamento dalle parole dell’annuncio e della preghiera. E lo sguardo del mio cuore deve essere rivolto verso il Signore che è in mezzo a noi: ecco cosa significa ars celebrandi – il giusto modo del celebrare. Se io sono col Signore, allora con il mio ascoltare, parlare ed agire attiro anche la gente dentro la comunione con Lui”.

Ma “con il vestito di luce che il Signore ci ha donato nel Battesimo e, in modo nuovo, nell’Ordinazione sacerdotale, possiamo pensare anche al vestito nuziale, di cui Egli ci parla nella parabola del banchetto di Dio”. Nella versione che ne dà Matteo, ha rilevato il papa teologo, “il re viene nella sala affollata per vedere i suoi ospiti. Ed ecco che in questa moltitudine trova anche un ospite senza abito nuziale, che viene poi buttato fuori nelle tenebre”. “Purtroppo, tra i suoi ospiti ai quali aveva donato l’abito nuovo, la veste candida della rinascita, il re trova alcuni che non portano il vestito color porpora del duplice amore verso Dio e verso il prossimo”. “Una persona senza l’amore è buia dentro. Le tenebre esterne, di cui parla il Vangelo, sono solo il riflesso della cecità interna del cuore (cfr Hom. 38, 8-13)”. “Chiediamo al Signore – ha concluso - di allontanare ogni ostilità dal nostro intimo, di toglierci ogni senso di autosufficienza e di rivestirci veramente con la veste dell’amore, affinché siamo persone luminose e non appartenenti alle tenebre”.