Grazie al “Grande Fratello violento”, calano le proteste di massa
I vertici comunisti di 13 diverse province e municipalità si sono incontrati ieri a Xi’an per discutere di sicurezza sociale e metodi di repressione. Presentati i nuovi dati sulle proteste di massa, in calo in tutto il Paese grazie a nuovi investimenti militari e spionistici.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le maggiori province cinesi hanno dichiarato con grande enfasi di aver ottenuto un calo verticale del tasso di crimini, proteste e scontri di massa “grazie al significativo investimento che il governo centrale ha dedicato al rafforzamento della pubblica sicurezza”. Per alcuni analisti cinesi, questo è un eufemismo per dire che sono aumentate la militarizzazione e la sorveglianza, sacrificando il diritto in nome dello spionaggio e dell'uso della forza.
 
Nel corso di un incontro nazionale sulla sicurezza pubblica, che si è svolto ieri a Xi’an, i vertici comunisti di 13 diverse province e municipalità – fra cui Pechino – si sono scambiati tecniche per migliorare l’operato del personale di sicurezza e salvaguardare la stabilità sociale.
 
Fra i partecipanti all’incontro - trasmesso in diretta dal sito governativo China Peace – il capo della sicurezza nazionale e membro del Politburo Luo Gan, il ministro della Pubblica sicurezza Zhou Yongkang ed il presidente della Corte suprema Xiao Yang, accompagnato dal procuratore generale Jia Chunwang.
 
Fra i dati presentati, spiccano i “successi” dello Shaanxi, la provincia che ha ospitato l’incontro, che ha registrato un calo degli “incidenti di massa” (eufemismo usato per accomunare proteste anti-governative e rivolte violente) del 27%. Questo risultato è stato ottenuto grazie ai 300mila nuovi addetti alla sicurezza nominati dal governo. Statistiche simili anche nel Jiangsu, Liaoning ed Henan. Dong Lei, vice segretario del Partito comunista provinciale, spiega che “è aumentato anche il grado di sorveglianza: oramai il 69 % delle aree urbane e rurali è controllato da un sistema di monitoraggio video. L’obiettivo è quello di raggiungere la copertura totale quotidiana”.
 
Il Partito comunista cinese teme da molto tempo il fenomeno delle proteste di massa, che aumentano di intensità a causa dei sempre più frequenti casi di corruzione, requisizione illegale delle terre e disparità fra ricchi e poveri.
 
La questione è divenuta inoltre di primo piano in vista delle prossime Olimpiadi. Il governo ha concesso maggior libertà di stampa ai cronisti stranieri e teme che la popolazione possa usare questo “buco” nella censura per far emergere situazioni di crisi sociale. Per questo, Wang Anshun – nuovo vice segretario del Partito di Pechino – ha parlato di “un enorme investimento” teso a garantire la sicurezza durante i Giochi.
 
Eppure, alcuni analisti fanno notare come questi risultati “non siano il frutto di un lavoro politico che ha risposto alle necessità della popolazione”, ma provengano soltanto “da enormi investimenti che hanno militarizzato ancora di più il Paese”, che ora vive in una sorta di Grande Fratello orwelliano.
 
Quindi, concludono, “il governo centrale non sente un reale bisogno di affrontare i problemi che sono alla base delle proteste di massa. Se il meccanismo legale che protegge i diritti dei cittadini viene ignorato in favore di tecniche di spionaggio e forza bruta, il risultato sarà quella disarmonia sociale che Pechino dichiara di voler sconfiggere”.