Città del Vaticano (AsiaNews) - Cercare di realizzare carità e giustizia a livello internazionale, e quindi nei rapporti tra popoli, è generalmente considerato di importanza fondamentale, ma numerosi sono i segni di tendenza opposta che si evidenziano, dal riemergere del nazionalismo alla diffusa povertà, dalla debolezza del multilateralismo al diffondersi di terrorismo e guerre. Ciò, a giudizio del Vaticano, dipende dal fatto che si dimentica che “la giustizia è lo scopo e quindi anche la misura intrinseca di ogni politica” e che entrambe hanno a che fare con l’etica.
Si interrogherà proprio su "Carità e Giustizia nelle relazioni tra popoli e nazioni" la Pontificia accademia delle scienze sociali, che da domani al primo maggio terrà in Vaticano la sua XIII sessione plenaria, alla quale interverranno anche esperti ad essa esterni, come Henry Kissinger, già segretario di Stato Usa e premio Nobel per la pace.
“L’oggetto della sessione – si legge in un documento diffuso oggi, in sede di presentazione dell’incontro - saranno le relazioni tra nazioni e popoli diversi: quelli sviluppati, quelli in via di sviluppo, gli emergenti e quelli poveri. Ci chiederemo se tali relazioni, alla luce del Magistero sociale della Chiesa, possano divenire più giuste, eque e pacifiche, e quali debbano essere le strade per il raggiungimento di tali obiettivi. In altre parole, è possibile una collaborazione nel campo della carità e della giustizia in un mondo globalizzato?”.
Di fronte ai “preoccupanti segni dei tempi” – tra i quali la debolezza che oggi mostrano organismi multilaterali, come l’Onu e il Wto - che vanno nella direzione opposta alla “convinzione comune che il perseguimento della carità e della giustizia a livello internazionale sia di importanza fondamentale per la società contemporanea”, l’Accademia vuole ispirarsi ai concetti espressi nell’enciclica Deus Caritas est di Benedetto XVI, soprattutto in quanto “ricorda che la virtù teologica ed umana della carità deve presiedere a tutto l’insegnamento sociale e a tutta l’opera sociale della Chiesa e dei suoi membri”.
“Nel prendere in esame la relazione tra la Chiesa, una ‘Comunità d’amore’, e la politica, l’approccio del Papa alla giustizia risulta particolarmente pertinente alle scienze sociali e al ruolo del Magistero della Chiesa. Innanzitutto, il Papa offre la più forte visione che sia mai stata formulata nell’età contemporanea circa la relazione tra politica e giustizia: ‘Il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della politica’. Infatti, ‘La giustizia è lo scopo e quindi anche la misura intrinseca di ogni politica’. Per il Papa la giustizia (e la politica) non è una mera tecnica utilitarista o contrattuale, ma per sua stessa natura ha a che fare con l’etica (cfr. n. 28)”.
Nell’enciclica, inoltre, “non solo la dimensione storica del significato di giustizia – fondato sia sulla tradizione ebraica che su quella cristiana e sull’eredità greca e romana – ma anche il suo significato attuale, derivano dalla costante purificazione che la fede apporta alla ragione: ‘È qui che si colloca la dottrina sociale cattolica: essa non vuole conferire alla Chiesa un potere sullo Stato. Neppure vuole imporre a coloro che non condividono la fede prospettive e modi di comportamento che appartengono a questa’. Per concludere, anche qui il Papa attribuisce al Cristiano un compito fondamentale e sottolinea che lo scopo della dottrina sociale della Chiesa ‘Vuole semplicemente contribuire alla purificazione della ragione e recare il proprio aiuto per far sì che ciò che è giusto possa, qui ed ora, essere riconosciuto e poi anche realizzato’ (n. 28a)”.