Benedetto XVI e Khatami: la buona pista di Regensburg
di Bernardo Cervellera

L’incontro oggi in Vaticano fra Mohammad Khatami e Benedetto XVI è all’insegna del “dialogo fra le civiltà”. L’ex presidente iraniano si batte da anni per questo dialogo che implica una chiara identità degli interlocutori, un rispetto profondo per l’elemento religioso, una critica alla ragione matematica e materialista. Da questo punto di vista, l’incontro di oggi è in sintonia profonda con il discorso fatto dal papa all’università di Regensburg lo scorso settembre.

La magistrale lezione di papa Ratzinger tendeva infatti a sottolineare un allargamento della ragione, superando l’illuminismo anti-religioso (“irrazionale”), proprio per permettere un dialogo ricco e fraterno con le culture extra-europee e non occidentali. Allo stesso tempo il papa mostrava che la violenza è “irrazionale” e quindi non degna né di Dio, né dell’uomo, né di qualunque religione, Islam compreso.

La bagarre emersa dopo il discorso di Regensburg, ad opera dei liberal occidentali e degli islamisti orientali, ha svilito lo spessore della proposta di Benedetto XVI a una semplice diatriba fra Islam e cristianesimo, con “l’evidente” incapacità di quest’ultimo di comprendere l’Islam, accusando il papa di fomentare una “guerra di religione”.

A quel tempo Khatami è stato fra i pochi leader musulmani – il primo - a prendere le distanze da cortei, manifestazioni e assalti nel mondo islamico, domandando a tutti di “leggere tutto il discorso del papa, prima di criticarlo”. Ma proprio a causa della situazione infuocata creata dalle malevoli interpretazioni della lezione di Regensburg, la sua visita in Vaticano, prevista per novembre, non ha avuto luogo. L’incontro di oggi sana una ferita e dice che il “dialogo fra le civiltà” è più forte del “conflitto fra le civilizzazioni”.

Ma è una guarigione solo a metà. Ciò che infatti tarda a guarire è il mondo liberal occidentale che pur di non rivedere la cieca chiusura di una ragione senza Dio, continua a battere come un materasso la Chiesa cattolica e il papa e giustifica le molte violenze in nome dell’Islam, fomentando una nuova guerra di religione con l’Islam.

Nel loro accecamento ideologico, buona parte degli intellettuali cosiddetti “progressisti” affermano che le cause del terrorismo sono l’imperialismo americano, il colonialismo, lo Stato d’Israele, la globalizzazione. Ma con questo essi non si accorgono che il terrorismo islamista colpisce ben oltre l’occidente: i buddisti in Thailandia, gli indù in India, gli stessi musulmani, sunniti o sciiti. Perfino le violenze fra i palestinesi non sono tutte di marca israeliana, ma sorte da una lotta di potere fra Hamas e Fatah.

Grazie a questa cecità in Europa – e anche in Italia – stiamo assistendo a una vera e propria alleanza fra il progressismo e l’islamismo violento. In nome dell’antiamericanismo e del multiculturalismo si chiede il ritiro degli eserciti dall’Iraq, dall’Afghanistan, si avallano le violenze dei maschi sulle donne islamiche e la poligamia. Ancora ieri al parlamento europeo si è preso in giro il papa, mentre si è stati molto cauti sul tema delle vignette anti-Maometto. E mentre si predica un atteggiamento benevolo nei confronti dell’Islam violento, si diffonde intransigenza e intolleranza verso la Chiesa cattolica, “colpevole” di esporre croci e presepi e di esprimere nella società (“liberale”?) il suo parere sulla vita e la famiglia.

L’incontro fra Benedetto XVI e Khatami mostra che un dialogo è possibile se gli interlocutori non nascondono la loro identità e lavorano per il bene dell’uomo e della donna. Per fare questo, è necessario che da oriente e occidente si condanni sempre e comunque la violenza, garantendo la libertà di religione.