Il petrolio di Kirkuk dietro i kamikaze contro i curdi
Il dilagare di attentati nel nord ai confini con il Kurdistan fa salire l’allarme sicurezza nella regione finora estranea alle violenze. Abitanti locali denunciano l’aumento di check point e controlli. Rappresentante del governo curdo:vogliono distruggere l’unico esempio di democrazia e sviluppo nell’area, ci aspettiamo tensioni fino alla fine dell’anno, quando si voterà su Kirkuk, questione ancora “primaria” nell’agenda politica del Kurdistan.

Ankawa (AsiaNews) – “Anche se aumentano gli attentati nel nord Iraq, il Kurdistan non sprofonderà nelle violenze che colpiscono il resto dell’Iraq”. Ne è convinto Saywan Barzani -  alto rappresentante curdo in Europa - che con AsiaNews analizza il dilagare di kamikaze nel nord, voluti per annientare “l’unico esempio di democrazia nella regione” (Kurdistan, ndr). Allo stesso tempo, però, ammette l’esistenza di un “alto rischio attentati almeno fino alla fine dell’anno, quando si voterà su Kirkuk”.

Ieri il gruppo affiliato ad al-Qaeda, "Stato islamico in Iraq", ha rivendicato il kamikaze che il 13 maggio ha colpito il quartier generale della Guardia Nazionale e delle forze peshmerga curde a Makhmour, sud di Mosul, facendo almeno 50 morti. La cittadina si trova a poca distanza dalla regione semi-autonoma del Kurdistan, finora esente dagli attentati e scontri settari che percorrono il Paese. Si è trattato del secondo kamikaze in 4 giorni nella zona settentrionale. Lo "Stato islamico in Iraq" aveva rivendicato anche l'attentato avvenuto il 9 maggio scorso ad Erbil, capitale del Kurdistan, nel quale sono morte almeno 14 persone.

La situazione è tesa e c’è chi tra gli iracheni ritiene sia “finita la luna di miele che viveva il nord”. Da Ankawa i cittadini raccontano che “ogni giorno aumentano i check point e per spostarsi da una zona all’altra della regione bisogna sottoporsi a continui controlli di documenti, da qualche settimana ormai è tutto più difficile”.

Il governo del Kurdistan (KRG) ha condannato “il vigliacco” attentato di Makhmour, “anche se avvenuto al di fuori della sua area di giurisdizione”, si legge in un comunicato stampa. Saywan Barzani - anche nipote del presidente del KRG, Massoud Barzani - elenca alcuni “fattori di garanzia” che hanno mantenuto e manterranno pacifico il Kurdistan: “la presenza di istituzioni politiche stabili che godono del sostegno popolare; l’esistenza di forze di sicurezza e di servizi di intelligence curdi che hanno sventato decine di tentati attacchi; la non ingerenza della forza di coalizione multinazionale negli affari del Kurdistan; e infine una politica estera pacifica verso i Paesi limitrofi e il non intervento nel conflitto sciita e sunnita in Iraq”.

Il referendum sullo stato di Kirkuk, che potrebbe essere annessa al territorio curdo, “fa sì che i alcuni Paesi stranieri ed organizzazioni terroriste e baathiste tentino di destabilizzare la regione e di attaccare in primo luogo il Partito democratico del Kurdistan (come è avvenuto a Mosul) e il nostro governo (con l’attentato ad Erbil) per dissuaderli dal chiedere l’applicazione della Costituzione”, che prevede il voto popolare entro il 2007.

“Allo stato attuale delle cose – sottolinea – è impossibile, però, che il Kurdistan subisca la stessa sorte del resto dell’Iraq, salvo in caso di ritiro delle truppe multinazionali”. Pur riconoscendo che “attentati limitati potranno verificarsi da adesso fino a dicembre”, Barzani assicura che “i dirigenti curdi non cederanno alle minacce ed il recupero di queste zone arabizzate dal regime di Saddam Hussein continuerà ad occupare il primo posto nell’agenda politica del Kurdistan”. (MA)